L’FBI sapeva dei loschi trafficanti cui Hillary Clinton ha ceduto uranio americano

Mentre a quasi un anno dalla sua elezione si continua a parlare e a straparlare d’improbabili aiuti elettorali di Vladimir Putin a Donald J. Trump, l’unica vera “Russian Connection” è quella che coinvolge l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton in un colossale giro di corruzione e l’allora presidente Barack Obama del tutto probabilmente informato dei fatti. Cose note, ma la novità ora sono le rivelazioni di un uomo d’affari infiltrato dall’FBI nell’industria nucleare russa che per anni ha registrato conversazioni, clonato dati e copiato email.

Benché sin dal 2009 i federali sapessero perfettamente che i faccendieri russi implicati nella vicenda fossero colpevoli di truffa, estorsione e riciclaggio di denaro, nel 2010 il governo degli Stati Uniti ha dato il via libera a una maxi-operazione con cui un quinto di tutto l’uranio americano è stato ceduto a Mosca. Fra le informazioni da tempo in possesso dell’FBI ci sono le nuove autostrade della corruzione russa che attraversano Cipro, Lettonia e isole Seychelles, ma anche il profilo del paragovernativo Vadim Mikerin, che nel 2010 aprì la Tenam, il braccio americano dell’ente di Stato russo per il nucleare Rosatom. L’infiltrato dell’FBI ha iniziato proprio pagando una bustarellona a Mikerin, con il consenso dei federali, il 27 novembre 2009. Del fatto però che l’FBI sapesse già tutto nessuno sapeva niente perché il ministero della Giustizia di allora ha insabbiato ogni cosa. Lo rivelano le inchieste svolte quotidiano online The Hill e dall’agenzia stampa Circa, che hanno spinto il presidente della Commissione Giustizia del Senato, il Repubblicano Charles Grassley, a chiedere ufficialmente a una decina di agenzie governative se sapessero che l’FBI fosse al corrente di tutto da tempo.

La transazione incriminata riguarda la società mineraria canadese Uranium One, che controlla il 20% dell’uranio statunitense. In tre mosse successive, dal 2010 al 2013 fu acquisita dalla Rosatom, cosa impossibile senza l’avallo di Washington, giunto puntuale nell’ottobre 2010 allorché il Dipartimento di Stato approvò la cessione. Quindi nel 2011 l’Amministrazione Obama concesse a una sussidiaria della Rosatom di vendere alle centrali americane uranio per uso commerciale. A capo del Dipartimento di Stato sedeva allora Hillary Clinton. Nel frattempo fiumi di denaro giungevano alla “Clinton Foundation” sotto forma di donazioni milionarie da parte di personaggi legati al passaggio di proprietà dell’Uranium One.

Marco Respinti

Versione originale e completa dell’articolo pubblicato
con il titolo
L’Fbi indaga sui soldi russi ai Clinton
in Libero [Libero quotidiano], anno LII, n. 289, Milano 20-10-2017, p. 13

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3 risposte a “L’FBI sapeva dei loschi trafficanti cui Hillary Clinton ha ceduto uranio americano”

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    […] L’FBI sapeva che certi trafficoni russi, alcuni nei quali poi finiti in manette, stavano manovrando in maniera losca per accaparrarsi quote rilevanti di un bene strategico qual è l’uranio americano. Lo sapeva dal 2009, prima ancora che nel 2010 Hillary Clinton, allora Segretario di Stato, armeggiasse, lautamente ricompensata, in modo da consentire a quegli stessi ambienti trafficoni di aggiudicarsi addirittura un quinto della produzione americana di uranio. Lo sapeva perché sin dal 2009 ha infiltrato un informatore nell’industria nucleare russa. Lo sapeva ma ha lasciato fare, tacendo a Congresso, commissioni parlamentari e cittadini. Lo sapeva e il ministero della Giustizia dell’Amministrazione retta da Barack Obama ha nascosto tutto. Lo sapeva e adesso il Senate Judiciary Committee ha chiesto da un lato all’avvocato Victoria Toensing, che assiste l’ex informatore dell’FBI, di sentire direttamente l’anonimo testimone, dall’altro a una decina di ministeri allora convolti nella cessione dell’uranio ai russi di dire se sapessero che l’FBI sapeva, onde accertare se pure altri pezzi del governo americano si siano resi complici dell’occultamento d’informazioni essenziali nonché, se tutto verrà accertato, dello scenario di corruzione che ha finito per alienare un pezzo strategicamente rilevantissimo dell’industria nazionale. […]

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