Uno spettro si aggira per l’Europa ed è un progetto faraonico che si chiama Human Brain Project. Vi sono coinvolte, scrive la Repubblica (si fa sempre così per épater le bourgeois, cifre tonde, numeri da capogiro), «più di cento istituzioni scientifiche di ventiquattro paesi».
Lo scopo è quello di costruire un super-mega-iper-maxi-computer capace di simulare il funzionamento del cervello umano. Tutto solo per la modica cifra di più di un miliardo di euro. Spiega il quotidiano di Eugenio Scalfari: «Lo Human Brain Project è uno dei due progetti flagship europei, cioè i due progetti “faro” in cui l’Europa ha deciso di investire soldi ed energie per i prossimi dieci anni». Spiego io: che lo Human Brain Project sia un progetto “flagship” europeo significa che lo è per l’Unione Europea, cioè per gli Stati che ne sono membri, i quali sono chiamati a metterci la metà esatta del costo. Più di 500 milioni di euro nostri, miei e vostri che avete la bontà di leggere, cavatici dalle nostre saccocce attraverso tasse, imposte, gabelle, accise.
Ma, di grazia, quando mai abbiamo votato una cosa simile? Quando mai abbiamo consegnato la delega in bianco agli eletti in Europa per approvare scempiaggini così? Quando li abbiamo autorizzati a spremerci per buttare i nostri soldi nel cestino? E poi: a noi che serve quel super cervello elettronico? Lo abbiamo mai chiesto, voluto, sospirato? Perché dovremmo pagarlo? Perché non se lo pagano loro, se proprio ne hanno bisogno?
Il progetto del resto è perfettamente inquietante. A che mai servirà uno strumento così? Chi lo ha deciso? Chi e come lo progetta? Chi deciderà come usarlo? Sempre del resto ammesso (mentre noi ne paghiamo comunque i costi) che sia realizzabile. Circola infatti sul web una lettera in cui più di 600 scienziati si stanno ovviamente facendo queste stesse identiche domande, sollevando per di più qualche serio dubbio tecnico. Il primo, sollevato da questi addetti ai lavori, avanza un’obiezione intelligente e condivisibile. Possibile che un progetto così megalomane si concentri tutto nell’inseguire un’idea unica del cervello umano, mentre ‒ virgoletto sempre da la Repubblica ‒ «la ricerca è ancora lontana da una definizione condivisa e chiara di come funziona la nostra mente»?
Mentre corro a rispolverare la mia copia dell’immortale Frankestein di Mary Shelley, e a cercare nella mia videoteca il dvd della storia di HAL 9000 (si tratta di 2001: Odissea nello spazio), mi torna in mente una barzelletta. Circolava al Parlamento Europeo negli anni in cui l’on. Massimo D’Alema era sulla cresta dell’onda e fa così. Un giorno D’Alema vuole dimostrare al mondo che gli ex comunisti non sono solo i più onesti di tutti, ma anche i più dotati di materia grigia. Si rivolge allora a un Centro futuristicamente specializzato in trapianti di cervello e sfoglia attento il catalogo. Disponibile c’è il cervello del più grande ingegnere del mondo, usato sicuro, costo 1 milione di euro. Poi quello del maggior fisico del globo, usato garantito, costo due milioni euro. Volendo strafare, D’Alema adocchia anche l’organo del supremo matematico puro del pianeta, usato certificato, costo tre milioni di euro. Ci farebbe un pensierino serio se non fosse che lo sguardo gli cade in fondo alla lista, all’ultimo articolo disponibile. Vista la cifra esorbitante, ben 10 milioni di euro, più del triplo del costo del cervello del supremo matematico della Terra, l’onorevole domanda spiegazioni alla graziosa signorina del Centro trapianti che lo sta assistendo. «Come mai questo cervello costa così tanto, più di tutti gli altri messi assieme? Cos’ha di tanto speciale?». E la giovane, con enfasi: «Sa onorevole, questo…», scandisce la biondina, «…è il cervello di un funzionario europeo!…». «Embè?», risponde irritato l’irritante D’Alema. E secca la giovane: «Non è mai stato usato!».
Ora, non è che per caso lo Human Brain Project che dobbiamo pagarci noi più di 500 milioni di euro serve per ovviare a questa incresciosa circostanza che ci tira le fila da lassù?
Marco Respinti
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