Le urne non perdonano e quelle dell’Iowa non hanno perdonato Donald Trump. Bizzarro che uno abituato a pane e populismo come il re del mattone americano non lo abbia calcolato. Fatto sta che non solo Trump ha perso i caucus dell’Iowa (come alla vigilia nessuno poteva davvero immaginarsi), ma che il senatore Ted Cruz, il vincitore, lo ha distaccato di ben quattro punti percentuali. E che alle sue spalle si è piazzato terzo a un solo punto di distacco il senatore Marco Rubio, già dato per disperso.
Cosa le urne non hanno perdonato a Trump? Praticamente tutto. L’ultimo boccone che Trump ha cacciato in gola all’elettorato Repubblicano è stata la diserzione del dibattito televisivo organizzato da Fox News il 28 gennaio. Gli americani si vantano con il mondo di essere il sale della democrazia perché si scelgono i presidenti da soli attraverso primarie vere e Trump cosa fa? Li schiaffeggia in prima serata rinunciando a metterci quella faccia che invece tutti gli altri ci mettono. Ma la disaffezione dell’elettorato Repubblicano nei suoi confronti è più profonda.
Il messaggio che viene dall’Iowa è infatti che per la Destra Trump non è credibile. L’Iowa è uno Stato rurale, ruspante. Uno Stato della provincia e della “pancia” americana. Uno Stato dove i Repubblicani parlano ancora di “Dio, patria e Famiglia”, ovvero più la lingua di Cruz che quella di Trump. Da quelle parti lo stile Manhattan del multimiliardario prestato alla politica attacca poco. Lì i born-again, quelli che da noi vengono sbrigativamente chiamati “fondamentalisti cristiani”, sono ancora uno zoccolo duro di quell’elettorato Repubblicano, che, chiamato a scegliere, premia senza incertezze Cruz, il battista del Sud (si chiamano così per distinguersi dagli altri battisti liberal) figlio di un onesto predicatore protestante di origini cubane (che tra l’altro miete consensi anche tra i conservatori e i liberali non liberal italiani, come testimonia il “comitato di sostegno” appena nato www.tedcruz.it).
A confermarlo è il successo altrettanto clamoroso ottenuto da Bernie Sanders in casa Democratica. Per l’americano medio Sanders è sì il fumo negli occhi, cioè un socialista, ma in Iowa appare genuino, certamente più di Hillary. Non fosse altro che per quello spiazzante sostegno alla libera circolazione di armi di cui mena vanto come nessun “liberal di città” né sa né vuole fare.
E il sorprendente terzo posto di Rubio lo ribadisce. Rubio, anch’egli figlio di un immigrato cubano, è un personaggio complesso, a volte tortuoso, ma con le carte mille volte più in regola di un parvenu, dicono in Iowa, come Trump. È questo che i media faticano a capire e i sondaggi non sanno calcolare.
Siamo comunque solo all’inizio. Il 9 febbraio si voterà in New Hampshire, uno Stato molto diverso dall’Iowa, dove per motivi speculari Trump e la Clinton dovrebbero riuscire a fare meglio. Ma quell’angolo remoto di America dove si è votato il 1° febbraio qualcosa di serio da dire ce l’ha. I più faticherebbero a identificare su una cartina muta l’Iowa dalle storie insolite eppure sempre molto americane (come il nome della sua capitale, Des Moines, che ancora porta i tratti del passaggio di monaci trappisti francesi). Una di esse dice che se per gli Stati Uniti l’immigrazione è oggi un nodo serissimo, la Destra americana è convinta che per scioglierlo non serva affatto il populismo wasp di Trump bensì la novità latina di Cruz e persino di Rubio. Le loro politiche sull’immigrazione divergono; Cruz ci va già duro, mentre Rubio è più possibilista. Ma la notizia è che per l’elettorato del Grand Old Party (l’altro nome dei Repubblicani) è arrivata l’ora di affidare il lavoro a un insider, a uno cioè che il problema immigrazione lo conosce sulla pelle della propria famiglia. Per battere i Democratici con le loro stesse armi.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
Dio sta con Cruz e Trump si ferma
in Libero [Libero quotidiano], anno LI, n. 22, Milano 03-03-2016, p. 15
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