Ci sono 80 nomi che il Venticinque Aprile non commemorerà, 80 volti che la democrazia ignorerà, 80 uomini che la presidente Laura Boldrini non inviterà alla Camera. Sono 80 tonache da prete, nere come si conviene salvo il sangue che le ha sporcate del medesimo colore della mano che le ha abbattute.
La guerra civile che spaccò in due l’Italia fu una mattanza: oramai lo si può dire anche nei salotti buoni, dopo che autori importanti e case editrici blasonate hanno sdoganato la denuncia storiografica delle violenze e degli abusi perpetrati dai partigiani comunisti soprattutto nel cosiddetto Triangolo Rosso tra Reggio Emilia, Bologna e Ferrara. Chi ancora si schernisce per il “sangue dei vinti” continua a sostenere che la resa dei conti fu la logica pur brutale degli eventi, l’esito del concitato momento storico, il venire al pettine del nodo collaborazionista in cui appunto persero la vita anche molti sacerdoti più che collusi con il regime fascista. Vero. In parte soltanto, ma pur sempre vero. Solo che la pratica non finisce affatto qui. Gli 80 sacerdoti che le celebrazioni ignoreranno anche nel 70° anniversario della Liberazione, per esempio, non c’entrano, non rientrano affatto in quella pur pelosa giustificazione a posteriori. Quegli 80 preti con il fascismo non spartirono nulla. Furono ammazzati solo per la veste che indossavano, per la fede che professavano, per ciò che rappresentavano. Nessuna giustizia politica, insomma, ma un puro e semplice atto di odio vigliacco contro degl’inermi e degl’innocenti abbattuti come cani esclusivamente per ciò che vivevano, incarnavano, credevano.
Su questa storia lugubre e triste splende però una luce fiera, a proposito della quale si possono leggere con profitto almeno il libro di Paola Giovetti, Beato Ronaldo Rivi. Seminarista martire, testimone di Gesù (presentazione di Massimo Camisasca, San Paolo, Cinisello Balsamo [Milano] 2013) e lo studio di Andrea Zambrano, Beato Rolando Maria Rivi. Il martire bambino (Imprimatur, Padova 2014). Si tratta della beatificazione di un giovanetto steso a pistolettate a soli 14 anni, a Monchio, in provincia di Modena, frazione Palagano, per un’accusa falsa e infamante dopo essere stato torturato e seviziato. Ebbene, la beatificazione di quel povero seminarista segna un punto senza ritorno. Con quel gesto solenne e pubblico, infatti, la Santa Sede ha stabilito che tra il 1944 e il 1946 nel Triangolo Rosso si veniva uccisi in odio alla fede; non sempre e non solo, ma certamente anche per quello. Essere uccisi in odio alla fede è però il sigillo “tecnico” del martirio, riconosciuto e canonizzato dalla Chiesa Cattolica. Quegli 80 preti, allora, che nessuno oggi celebrerà, 80 preti che non vennero uccisi per ragioni politiche ma per dileggio e disprezzo della religione che rappresentavano sono a rigor di logica martiri, compagni di martirio del beato Rivi. Meritano dunque anch’essi la gloria e l’onore degli altari.
Ecco, proprio questo è ciò che suggerisce oggi il mensile cattolico Il Timone [linkare a: http://www.iltimone.org/%5D, che a quegli 80 martiri misconosciuti dedica un dettagliato dossier con cui contribuisce efficacemente a colmare sia una colpevole falla della nostra memoria collettiva sia un vuoto storiografico vergognoso.
La Chiesa ha del resto già operato beatificazioni in massa, e proprio di martiri caduti in circostanze assai poco lontane da quelle del Triangolo Rosso. È il caso eclatante e clamoroso dei martiri di Spagna, colpiti con ferocia e sadismo inauditi dagli anarco-comunisti fra il 1931 e il 1939, come con completezza illustra il recentissimo e corposo studio di Mario Arturo Iannaccone, Persecuzione. La repressione della chiesa in Spagna fra Seconda repubblica e Guerra civile (presentazione di mons. Vicente Cárcel Ortí, Lindau, Torino 2015). A oggi la Chiesa ha beatificato più di 1500 vittime spagnole (un numero enorme, proporzionalmente parlando forse il più grande nella storia della cristianofobia), in tre grandi blocchi successivi; e il Papa, Papa Francesco, ha già autorizzato la beatificazione di diversi altri, così che presto la cifra di quei martiri ufficiali dovrebbe salire a più di 1600. Nessun problema, allora, a beatificare anche gli 80 preti italiani uccisi dai comunisti in odio alla fede. È così che oggi il popolo cattolico implora pubblicamente il Santo Padre nel tentativo, nobile e supremo, di chiudere definitivamente, e con una nota di speranza seria, quella ferita della guerra civile italiana che ancora non è cicatrizzata.
Marco Respinti
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