Mentre l’Occidente tituba indeciso su quale giacca indossare al prossimo, ennesimo vertice convocato per dirsi addosso mamma mia che maleducati che sono quei terroristi là che se gli diciamo gnornò col ditino loro non ci ascoltano nemmeno, i terroristi ammazzano gente ogni giorno. La loro ecatombe quotidiana è la risata sardonica alla nostra impotenza, è il pernacchio alla nostra democrazia, è l’agenda di chi ha dichiarato e combatte quella guerra sporca e bastarda che noi, per buona creanza salottiera, fingiamo sia solo uno scopone scientifico.
In Turchia un killer ragazzino si è fatto saltare nella sala in cui si svolgeva una festa di matrimonio a Gaziantep, poco lontano dal confine con la Siria, ammazzando almeno 50 persone e ferendone un’altra settantina. Ha voluto punire così gli unici che hanno il fegato di contrastare sul campo l’ISIS strappando agli jihadisti metro dopo metro: gli eroici curdi.
Passano pochi giorni e l’università statunitense di Kabul, in Afghanistan, viene assalita da un commando suicida che fa strage di una ventina di persone.
Non si fa in tempo a rendersene conto e a Mogadiscio, in Somalia, poche ore fa, attentatori appartenenti al gruppo filoqaedista al-Shabaab fanno esplodere un’autobomba davanti al Benadir Beach Club prospicente la spiaggia ammazzando almeno sette persone.
È uno stillicidio quotidiano che ha già sortito il suo esito peggiore: quello di abituarci alla carneficina che oramai non ci emoziona più. Ma il prezzo enorme di questa nostra indifferenza è una guerra mondiale che si combatte in maniera sporca e irregolare in ogni angolo del globo da una parte sola. Quella dei terroristi. Noi, infatti, questa guerra maledetta la guardiamo, a volte la commentiamo al tiggì, ormai ce ne freghiamo, ma combatterla no, quello non lo facciamo.
Le milizie curde e siriache del Levante sacrificano quotidianamente le proprie vite ergendosi da anni ad antemurale contro l’ondata assassina dell’ISIS. In Afghanistan e in Iraq le esecrate truppe statunitensi hanno negli anni versato un tributo di sangue enorme per garantirci il nostro beato panciolle. In tutti gli altri, mille fronti porosi di questi guerra a senso unico gli jihadisti fanno quello che vogliono perché non esiste un uomo degno di questo nome che li voglia affrontare.
In Libia l’Occidente ha saputo consumare solo un’aggressione stupida contro Muhammar Gheddafi finendo per regalare al caos e allo jihadismo un altro quadrante strategico. In Africa nessuno muove un dito, a cominciare dalla Nigeria di Boko Haram. In Medioriente la Turchia finge di opporsi all’ISIS, la Russia lo combatte o forse no, ancora la Turchia invade la Siria senza che nessuno apra bocca preoccupata più dei curdi che degli jihadisti e i bombardamenti americani che sortiscono ora qualche effetto se fossero stati scatenati massicciamente subito e con precisione allora oggi il problema del califfato sarebbe solo un neo di facile asportazione.
Quindici anni fa George W. Bush annunciò profeticamente che la guerra contro il terrore sarebbe stata lunga e sghemba. Ma mai più si sarebbe aspettato che invece di combatterla ci sdraiassimo sul divano a schiacciare un pisolino.
Marco Respinti
Versione completa e originale dell’articolo pubblicato con il medesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord,
Milano 27-08-2016
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