
Volontari nudi posano per il fotografo statunitense Spencer Tunick sul più grande ghiacciaio delle Alpi, l’Aletsch, in Svizzera, per una campagna ambientalista sul “global warming” il 18 agosto 2007
«Unendo gli studi della scienza postcoloniale femminista e l’ecologia politica femminista, il contesto glaceologico femminista genera robuste analisi di gender, di potere e di epistemologia in sistemi socio-ecologici dinamici che in questo modo comportano una scienza e interazioni uomo-ghiaccio più giuste ed eque». No, non è cabaret. È l’abstract di una ricerca condotta nell’Università dell’Oregon a Eugene da Mark Carey, preside associato del Robert D. Clark Honors College dell’ateneo e ivi docente di Storia e di Studi ambientali, che ha coinvolto Jaclyn Rushing, allora sua studentessa, M Jackson (solo l’inziale, senza nemmeno il punto), Ph. D. in Geografia, e Alessandro Antonello, ricercatore allo stesso College. La ricerca s’intitola Glaciers, gender, and science: A feminist glaciology framework for global environmental change research (“Ghiacciai, gender e scienza: il contesto glaceologico femminista per una ricerca sul mutamento ambientale globale”) ed è stata pubblicata in gennaio da Progress in Human Geography, una peer-review accademica coordinata da Noel Castree, docente di Geografia nell’Università di Wollongong, in Australia…
Dato che la ricerca è stata finanziata dalla National Science Foundation, un’agenzia del governo degli Stati Uniti, i cittadini americani hanno quindi pagato di tasca propria per ovviare a quello stato di trascuratezza in cui l’insensibilità dell’uomo lascia i poveri ghiacciaci del pianeta Terra, che «sono icone del mutamento climatico e del cambiamento ambientale globale», comportando gravemente il fatto che «le relazioni tra gender, scienza e ghiacciai – correlate in modo particolare alle domande epistemologiche sulla produzione di sapere glaceologico – restano pochissimo studiate». Proprio per questo, il team dell’Università dell’Oregon pagato dallo Stato federale americano e promosso con spolvero dall’ateneo stesso ha prodotto «questo studio che propone un contesto glaceologico femminista fatto di quattro componenti chiave: 1) i produttori di conoscenza; 2) una scienza e una conoscenza legate al gender; 3) i sistemi di dominazione scientifica; e 4) le rappresentazioni alternative dei ghiacciai». Siete senza parole? Anch’io, dopo avere faticato non poco a rendere in italiano il parapiglia sintattico e semantico dell’originale inglese.
Il guaio infatti è, come documenta quel pool di studiosi, che le «rappresentazioni correnti» dei ghiacciai «li spogliano del loro contesto sociale e culturale dipingendo il ghiaccio come un semplice parametro e termometro del mutamento climatico». Lui, invece, il ghiaccio, possiede una “dimensione umana”, l’«aspetto critico ma sottovalutato delle dimensioni umane dei ghiacciai e della ricerca sul mutamento globale» essendo «la relazione tra il gender e i ghiacciai». Perché, spiegano quegli accademici, se «la ricerca su gender e mutamento ambientale globale è stata in generale relativamente poca», «ancora meno è stata quella condotta da una prospettiva femminista che si concentri sul gender (inteso qui non come binarietà maschio/femmina, ma come gamma di possibilità personali e sociali) e anche sul potere, sulla giustizia, sull’ineguaglianza e sulla produzione di conoscenza nel contesto del ghiaccio, del mutamento dei ghiacciai e della glaceologia». Infatti, l’avere troppo a lungo confidato sull’idea oramai consolidata che dei ghiacciai ci siamo fatti, dice il pool, ha marginalizzato la voce delle donne, producendo «sistemi di dominazione scientifica» in cui «potere, dominazione, colonialismo e controllo», «sostenuti da e coincidenti con ideologie maschiliste», hanno «nel tempo plasmato le scienze e la conoscenza dei ghiacci».
Oggi, però, grazie all’Università dell’Oregon, è giunta l’ora X. Il momento della liberazione dei ghiacciai è prossimo ed è ora di «mostrare metodi e modi diversi – oltre le scienze naturali e comprese quelle che possiamo chiamare “glaceologie folk” – per descrivere i ghiacciai e integrare le contro-narrazioni in concezioni più ampie della criosfera».
Forse è tutto uno scherzo. O forse no. Scriveva Karl Marx nei manoscritti economico-filosofici del 1844 che «la società è la compiuta unità di essenza dell’uomo con la natura, la vera risurrezione della natura, il compiuto naturalismo dell’uomo e il compiuto umanismo della natura». In Oregon hanno scoperto come fare per via femminista. Probabilmente solo in attesa del salto a dimensione LGBT.
Marco Respinti
Versione completa e originale dell’articolo pubblicato con il titolo
Un’astrusa teora lega i ghiaccia e il gender
in La nuova Bussola Quotidiana, Milano 13-03-2016
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