George Mason (1725-1792) è uno dei molti eroi virginiani del “Founding”, l’epoca di fondazione della nazione statunitense che grosso modo può essere racchiusa tra il 1776 (anno in cui le colonie britanniche dell’America Settentrionale proclamarono l’indipendenza dalla Corona londinese) e il 1789 (anno in cui entrò in vigore la Costituzione federale degli Stati Uniti). Lo storico delle idee Russell Kirk (1918-1994) lo ha senz’alcuna reticenza descritto come un esponente dell’«aristocrazia naturale americana». Favorevole a una graduale abolizione della schiavitù, fiero avversario dello statalismo centralista, deciso alfiere degli “States’ Rights” ‒ i diritti sovrani dei singoli Stati dell’Unione federale nordamericana, in nome dei quali nel 1861 diversi Stati del Sud dichiareranno l’indipendenza dagli Stati Uniti ‒, tra i più significativi ispiratori della Dichiarazione d’Indipendenza e poi del Bill of Rights del 1791 (i primi Dieci Emendamenti alla Costituzione federale voluti per tutelare i diritti degli Stati e da allora parte integrante della legge fondamentale del Paese), per Kirk Mason è il simbolo dell’autentico eroe culturale americano. Sembra dunque appropriato ricordare il ventennale della scomparsa di Kirk, il “padre” della rinascita conservatrice statunitense nella seconda metà del Novecento, che cade il 29 aprile di quest’anno, rievocando la figura-chiave di quel grande “padre della patria”.
Parlando di Mason, Kirk richiama l’attenzione sui primi otto dei dieci articoli di cui si compone il Bill of Rights: essi inglobano infatti alcune provvisioni di legge che già avevano trovato spazio nella Dichiarazione dei Diritti dello Stato della Virginia, varata nel 1776, e scritta − assieme a gran parte della Costituzione di quell’ex colonia britannica, che pure porta la data del 1776 ‒ proprio da Mason. Più del Repubblicano-Democratico Thomas Jefferson (1743-1826) e del Federalista George Madison (1751-1836) ‒ famosi il primo come “autore” della Dichirazione d’Indipendenza degli Stati Uniti e il secondo come autore appunto del Bill of Rights ‒ fu quindi Mason il padre delle libertà costituzionali nordamericane. Kirk lo illustra magnificamente in uno scritto di rara bellezza e puntualità.
Si tratta del saggio breve The Marriage of Rights and Duties, “Il matrimonio fra diritti e doveri”. La sua versione originale risale al 1991, quanto il testo fu pronunciato come “Henry Salvatori Lecture”, la lectio magistralis che l’Intercollegiate Studies Institute (con sede allora a Bryn Mawr in Pennsylvania, oggi a Wilmington nel Delaware), una cioè tra le più importanti e serie fondazioni culturali conservatrici, sponsorizza annualmente in omaggio al geofisico e mecenate italoamericano Henry S. Salvatori (1901-1997), presidente in California della omonima e prestigiosa “Henry Salvatori Foundation”. Salvatori è stato infatti un grande finanziatore delle principali iniziative politiche e culturali conservatrici, sempre particolarmente attento alla promozione di una retta comprensione del “Founding”. Successivamente, The Marriage of Rights and Duties è stato pubblicatosul fascicolo della primavera1992 di The Intercollegiate Review, il periodico pensato dall’ISI specificamente per fornire agli studenti universitari una cultura alternativa rispetto alla cattiva vulgata dominante.

George Mason Memorial, Washington, D.C.
Ora, da questa sua breve storia editoriale risulta chiaro che quel gran saggio kirkiano può essere considerato come uno degli ultimi scritti originali del “padre” dei conservatori americani. In quei ultimi suoi anni, infatti, Kirk ebbe più volte occasione di tornare su alcuni “pezzi forti” del proprio pensiero e quindi di riprendere, pur se in parte riformulandoli, temi e argomenti abbondantemente presenti nei suoi libri. Ma il bicentenario dell’entrata in vigore della Costituzione federale statunitense, nel 1989 (un anniversario praticamente solo americano), aveva aperto a Kirk una “nuova stagione” d’interventi sulla centralità di quel documento, e quindi sulla sua natura intrinsecamente conservatrice. Per il “padre” del conservatorismo americano fu anche l’occasione per tornare a spiegare le differenze fondamentali, anzi la vera e propria antiteticità, fra la cosiddetta “rivoluzione” americana (1775-1783) e la Rivoluzione Francese (1789-1799) proprio nell’anno in cui il mondo intero (e non solo la Francia) celebrava il ben più “popolare”, concomitante, bicentenario della seconda. Del resto, proprio di questi temi parlò Russell Kirk in quel 1989, ospite, in varie città d’Italia, di Alleanza Cattolica (cfr. il suo Stati Uniti e Francia: due rivoluzioni a confronto”, a mia cura, Centro Grafico Stampa, Bergamo 1995). Gli anni che immediatamente precedettero e che poi seguirono il “bicentenario americano” misero dunque “in cascina” le abbondanti messi da cui scaturirono i due ultimi libri pubblicati in vita da Kirk: America’s British Culture nel 1992 eThe Conservative Constitution, nel 1990 (infatti, The Politics of Prudence, del 1992, è la riedizione in volume singolo di alcuni cicli di conferenze già precedentemente editi in diverse forme, mentre l’autobiografia, The Sword of Imagination: Memoirs of A Half-Century of Literary Conflict, a cui pure egli lavorò fino agli ultimi giorni di vita, uscì postuma nel 1995).
Di quei due libri, America’s British Culture è fondamentalmente la ripresa ‒ sintetica quanto al quadro generale e analitica quanto ad alcune singole questioni ‒ del classico kirkiano del 1974 The Roots of American Order (con un Epilogo di Frank J. Shakespeare Jr., trad. it. a mia cura dell’edizione del 1991, Le radici dell’ordine americano. La tradizione europea nei valori del Nuovo Mondo, Mondadori, Milano 1996), e dunque dell’antiteticità si potrebbe dire “macroscopica” tra Francia illuministico-giacobina e Stati Uniti conservatori; mentre The Conservative Constitution è il luogo privilegiato in cui Kirk enuclea e spiega come e perché, sul piano istituzionale, gli Stati Uniti sono conservatori da sempre. Insomma, se America’s British Culture rinnova il senso culturale della natura conservatrice dell’esperienza storica che prepara e avvia gli Stati Uniti, The Conservative Constitution mostrail modo in cui quella cultura s’incarna concretamente nelle istituzioni politiche e giuridiche del Paese.
Ebbene, la “fabbrica” che in quegli anni produsse i due citati “ultimi” volumi kirkiani, in specie The Conservative Constitution, generò pure altri materiali che, in forma di “integrazioni”, sono state accolte nella seconda edizione ampliata di The Conservative Constitution, postuma e definitiva, pubblicata nel 1997 con il titolo Rights and Duties: Reflections on Our Conservative Constitution, a cura di Mitchell S. Muncy e con una introduzione di Russell Hittinger, allora docente di Studi cattolici e ricercatore di Diritto presso l’Università di Tulsa, in Oklahoma, vale a dire uno dei migliori costituzionalisti e giusnaturalisti statunitensi contemporanei. Del resto, Kirk aveva in animo di raccogliere in un volume a sé, il progettato e mai realizzato The Sword of Justice, quelli che in Rights and Duties diventano i “materiali” che “integrano” The Conservative Constitution: segnatamente il saggio The Case for Natural Law, sulla centralità del diritto naturale nella cultura giudeo-cristiana dell’Occidente, e, appunto, finalmente, il saggio The Marriage of Rights and Duties.
Torniamo allora a George Mason, al George Mason di Russell Kirk.
Alla scuola del grande “Padre fondatore”, infatti, il “padre” del conservatorismo insegna ‒ una volta per tutte ‒ che tra i diritti della persona e la natura sociale dell’uomo, dunque l’idea di comunità, non vi è contraddizione, laddove invece l’incompatibilità esiste fra le libertà individuali e la politica oppressiva. Parrebbe una riflessione scontata, ma non lo è affatto. Una delle costanti del pensiero kirkiano è infatti sempre stata la conciliazione fra libertà e ordine; del resto, gran parte del pensiero antirivoluzionario successivo all’Ottantanove francese si concentra sullo stesso oggetto; ma su questo stesso oggetto pure si divide. La storia del pensiero antirivoluzionario successivo alla Rivoluzione Francese, infatti, è anche la storia di una “guerra civile” fra scuole diverse, e talora opposte, di pensatori, gli uni principalmente preoccupati per le ferite arrecate dall’ideologia rivoluzionaria al concetto di libertà e gli altri per quelle che essa arreca al concetto di ordine. Contro le divisioni create dall’ideologia rivoluzionaria sin dentro il pensiero antirivoluzionario, Kirk si fa dunque alfiere di una concezione non tanto di compromesso, ma di soluzione a monte.
In Mason, Kirk vede pertanto l’emblema del “padre della patria” conscio che non può mai esistere libertà senza comunità, tanto quanto consapevole che nessuna comunità politica può sopravvivere se non fondata sulle libertà dei suoi membri. Anzi, che la libertà personale cresce solo dentro un ambiente ordinato giacché è l’unica che impedisce l’involuzione oppressiva della “cosa pubblica”.
Con una formula contemporanea (e se il termine “Stato” non fosse così fatalmente gravato da essere pressoché inutilizzabile fra i conservatori americani) si potrebbe dire che in Mason Kirk vede la cifra dell’idea “tanto Stato quanto necessario, tanta libertà quanto possibile”, e questo come sigillo non solo di un pensiero antirivoluzionario fra i molti possibili, e quindi più o meno compiutamente storicamente realizzatisi, bensì del vero spirito contro-rivoluzionario, dunque della matrice conservatrice da cui sgorgano per esempio eminente le istituzioni statunitensi.
Da sempre, negli Stati Uniti, Kirk viene considerato da alcuni come troppo poco libertarian e da altri come non sufficientemente schierato con “le istituzioni”. Ma la verità è che Kirk ha sempre capito meglio e prima di tutti i critici che i diritti della persona si fondano sui doveri che l’uomo ha verso se stesso e verso tutte le umane cose, tra cui eminentemente e principalmente Dio, e che solo questa coscienza può fondare una politica autenticamente a misura di uomo. E, possibilmente, secondo il piano di Dio. Ronald Reagan (1911-2004) ha condensato tutto con parole d’oro: «Il sogno americano è che ogni uomo debba essere libero di diventare ciò che Dio intende egli debba diventare».
Il testamento lasciato 20 anni fa da Russell Kirk è questo.
Marco Respinti
Pubblicato con il medesimo titolo sul sito
Comunità Ambrosiana di Alleanza Cattolica in Milano,
nella rubrica USA.. e non getta
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