In Storia della democrazia in Europa. Da Montesquieu a Kelsen (UTET, Torino 1986), Salvatore “Salvo” Mastellone (1920-2012), già professore emerito di Storia delle dottrine politiche nell’Università degli Studi di Firenze, annota (traendo la citazione da Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu [1689-1755], Lo spirito delle leggi, trad. it. a cura di Sergio Cotta, UTET, Torino 1956, vol. I, p. 66):
Nel settembre 1748 esce a Ginevra l’Esprit de lois di Charles de Secondat barone di Montesquieu; l’autore nel capitolo primo del libro secondo afferma: “Esistono tre forme di governi: il repubblicano, ilmonarchico e ildispotico; il governo repubblicano è quello nel quale il popolo tutto, o almeno una parte di esso, detiene il potere supremo; il monarchico è quello nel quale uno solo governa, ma secondo leggi fisse e stabilite; nel governo dispotico, invece, uno solo, senza né leggi, né freni, trascina tutto o tutti dietro la sua volontà ed i suoi capricci”. Alla classica tripartizione aristotelica delle forme di governo fondata sul principio quantitativo (tutti, pochi, uno), Montesquieu contrappone una diversa tripartizione fondata sul principio qualitativo; non è tanto importante sapere se il potere sia nelle mani di uno (monarchia), di pochi (aristocrazia), di tutti (democrazia), ma come il potere è esercitato dal governo;si puòandare verso il dispotismo di uno solo o verso il dispotismo di tutti”.
Democrazia e repubblica non sono cioè termini sinonimi. La seconda è una forma rappresentativa di governo in cui le cariche più alte dello Stato sono elettive e il potere viene esercitato dal popolo direttamente o per mezzo di delegati (il che, di per sé, non implica automaticamente che il popolo sia la fonte del potere). Mentre la prima è una condizione sia della vita politica sia dell’esercizio dell’autorità e della sovranità ‒ non dunque un regime ‒, e per questo può essere incarnata e realizzata da tutte le forme legittime di governo ammesse dalla scienza politica classica: monarchia, aristocrazia e repubblica.
Nello studio L’errore democratico. Il problema del destino dell’Occidente (trad. it. Volpe, Roma 1966), un’opera di altissimo valore ma purtroppo oggi dimenticata ‒ che fu pubblicata originariamente in versione in lingua inglese nel 1952 con il titolo Liberty of Equality: The Challenge of our Timee che comunque è da confrontare con l’edizione tedesca Freiheit oder Gleichheit? Die Schicksalsfrage des Abendlandes del 1953 −, il pensatore conservatore austriaco Erik Maria von Kuehnelt-Leddhin (1909-1999) osserva opportunamente:
Vi è stata una concezione classica della democrazia che, con lievi varianti, si è continuata dal 500 a.C. fino alla metà del secolo scorso. Alcuni autori si attengono ancora a tale accezione perché solamente essa è sufficientemente chiara e precisa.[…]Platone, Aristotele, Tommaso da Aquino, il Bellarmino, Juan de Mariana, Alexander Hamilton, John Marshall, James Madison, Gouverneur Morris, N.D. Fustel de Coulanges ‒ tutti costoro convengono più o meno nell’interpretazione del termine “democrazia”.
Sembra che iFounding Fathers, i “Padri Fondatori” americani, tendessero a identificare senz’altro la democrazia con una delle possibili forme di essa, ossia con la democrazia diretta. Ciٍ appare chiaro se leggiamo la definizione data da Madison in The Federalist (nn. 10 e 14) o se ricordiamo l’attacco contro la democrazia di John Adams nella suaDefense of the Constitutions of the United States of America.
[…] Non v’è dubbio che la maggior parte dei “Padri Fondatori” americani non solo odiava la democrazia diretta e vi si opponeva ma, in quanto repubblicana intransigente, manteneva un atteggiamento assolutamente critico del sistema rappresentativo egualitario della democrazia diretta.
Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, spesso è stato definito con leggerezza un “democratico”. Ma se consideriamo il significato che ha la democrazia sia nelle sue forme dirette che in quelle indirette dobbiamo constatare che egli non lo fu per nulla.
L’esergo scelto da Felix M. Morley (1894-1982), una delle figure più significative della “Old Right” statunitense, per aprirelo studio Freedom and Federalism, del 1959, è un osservazione di James Madison (1751-1836) ‒ il “padre” della Costituzione federale statunitense ‒ a proposito del falso mito di quella che oggi chiameremmo America liberal: «L’errore[…]sembra dovere la propria origine e il proprio successo soprattutto alla confusione fra repubblica e democrazia».
In alcune pagine autobiografiche, il filosofo della politica tedesco-americano Eric Voegelin (1901-1985) ricorda come, ancora negli anni 1950, per ottenere la cittadinanza degli Stati Uniti d’America gli stranieri dovessero fra l’altro rispondere correttamente a una domanda relativa alla natura istituzionale del Paese: «la forma del governo americano è la repubblica; se si diceva democrazia, si sbagliava».
Sono solo primi appunti, ma imprescindibili.
Marco Respinti
Pubblicato con il medesimo titolo sul sito
Comunità Ambrosiana di Alleanza Cattolica in Milano,
nella rubrica USA.. e non getta
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