Sono contentissimo che nella mia Milano in dicembre l’arcivescovo guidi la novena di Natale in Duomo e che all’ultima di maggio nel mio quartiere si fermi il traffico per la processione che chiude il mese di Maria. Sono contentissimi i non cattolici, e io per loro, quando possono celebrare liberamente le proprie ricorrenze religiose in città, pubblicamente se questo è il caso. Estremamente difficile che io partecipi a una delle loro, praticamente impossibile che loro frequentino una delle “mie”. In ciò viviamo felici e contenti. Rispettiamo tutti il sacrosanto diritto alla libertà religiosa che precede qualsiasi legislazione dello Stato, ci onoriamo vicendevolmente come persone, non ci pestiamo i calli e tutto procede come dev’essere finché qualcuno semmai esagera, non con la religione, ma con la violazione del diritto naturale e della libertà altrui, e allora è lì che entra in azione il Codice penale. A quelli che stanno già estraendo il cartellino rosso per accusarmi di “latitudinarismo” preciso subito che non mi sono mai sognato di pensare che tutte le fedi siano uguali esattamente come nessuno che professi una religione diversa dalla mia è tanto fesso dal pensarlo. Ognuno di noi ritiene di credere nell’unica religione vera, altrimenti cambierebbe squadra, e ognuno di noi si dà da fare come glielo consentono talenti, intelligenza, tempo e denaro per dire agli altri che la sua è la fede migliore. Quindi? Quindi vinca l’offerta migliore sul mercato delle religioni dove deve tassativamente regnare il laissez-faire più totale per il semplice fatto che lo Stato e le sue leggi non sono la fonte del diritto umano fondamentale alla libertà religiosa, ma semmai il suo garante. Per riconoscere le violazioni del diritto naturale, infatti, non è necessario lo Stato. Anzi.
Ma allora perché Sadiq Khan, il neosindaco musulmano di Londra che è tutto un multiculturalismo, ficca il naso dove non deve, e a rigor di diritto naturale nemmeno può, dicendo di volersi impegnare durante il Ramadan (il mese in cui i musulmani digiunano dall’alba al tramonto), iniziato il 6 giugno, affinché si ospitino «[…] cene di rottura del digiuno in tutta la città nelle sinagoghe, nelle chiese e nelle moschee»? Ma che senso ha? Il sindaco dice che così di diventa più simpatici gli uni gli altri, ma è solo l’ennesima baggianata.
Per prima cosa, non è con la caciara che si diventa più amici. In secondo luogo, perché caspita sinagoghe, chiese e moschee dovrebbe trasformarsi in sale da pranzo? Terzo, e più importante, come può ispirare simpatia ed essere preso sul serio uno che sbraca su ciò che ha di più caro, ovvero la propria fede? Certamente i musulmani, e hanno ragione, non prenderebbero mai sul serio i cristiani che sbracano e il mescolone che piace a Sadiq Khan è sbracamento. Immaginatevi del resto se un sindaco cristiano lapso di una delle grandi metropoli del mondo proponesse una bella recita compagnona del rosario in una moschea o in una sinagoga. I musulmani e gli ebrei strabuzzerebbero giustamente gli occhi, e i cristiani seri si darebbero convegno in luogo più consono.
Ma sono domande retoriche, lo sappiamo tutti. Al sindaco di Londra non interessa nulla delle religioni, islam, cristianesimo, ebraismo, etc. Ha studiato come guadagnarsi un nuovo quarto d’ora di pubblicità con l’ultima scempiaggine buonista e panciafichista. La cosa più triste, però, è che certamente qualche parroco inglese starà già apparecchiando la tavola pronto a farsi spernacchiare da qualche musulmano serio che la rottura rituale del digiuno se la passerà in famiglia offeso dalla proposta stupida del sindaco di Londra. Abbiamo già dedicato sin troppo spazio a questa ennesima cappellata del mondo in cui viviamo, e sarebbe solo fiato sprecato se non fosse l’ennesimo grave segno dell’andropausa culturale che ci circonda.
Marco Respinti
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