Terroristi armati hanno assalito la chiesa cattolica del distretto di Harsa Kot Thesil Samundri a Faisalabad, città di 7 milioni di abitanti nel Pakistan un po’ islamista e un po’ filoccidentale. Volevano farne un rogo, ma la polizia è intervenuta. E allora, come fanno i ladri quando non trovano i contanti e sfasciano tutto, hanno picchiato la ventina di fedeli che vi stavano pregando e dissacrato gli oggetti di culto. È successo il 13 luglio, verso le sette di sera, ma la notizia filtra ora. Gli attentatori sono cinque: tal Zulkarnain, tal Yousaf, i fratelli Jawad e Chingiz Iqbal più la sorella Khatija, cui spettava lanciare la molotov che avrebbe compiuto l’opera. Il motivo non è chiaro, ma pare fosse una rappresaglia per una denuncia presentata da un cattolico contro gli scalmanati fratelli Iqbal.
Non poteva accadere in un frangente peggiore. Mercoledì 25 luglio 90 milioni di pakistani voteranno nelle elezioni generali in un Paese percorso da faccendieri e talebani, diviso in clan rivali, da sempre seduto sul coperchio di un pentolone ribollente dove la libertà di religione, di espressione e di associazione è un vaso di vetro fra vasi di coccio. In più c’è la spada di Damocle dell’esercito e dei servizi segreti, storicamente potentissimi. Il mese scorso il Pakistan è stato inserito nella «grey list» della Fatf, l’organismo intergovernativo ufficiale di lotta al riciclaggio e prevenzione del finanziamento al terrorismo. E poco più di una settimana c’è stato l’attentato più sanguinosi nella storia del Paese: 149 morti rivendicati rivendicato dall’ISIS.
Ci mancavano dunque solo i transgender. Se ne candidano diversi. Tra loro, “Nayyab Aliò”, sfregiato con l’acido da un ex; “Maria Khan” per l’assemblea provinciale del Khyber Pakhtunkhwa, zona talebana; e il presentatore radio “Nadeem Kashih”, che sfida l’aspirante primo ministro, Imran Khan, e il capo del governo uscente, Shahid Khaqan Abbasi, al parlamento.
La comunità trans, cioè ’hijrà o ’khawaja sirà, si lamenta, ma in Pakistan il “terzo sesso” è legalmente riconosciuto, inserito sulla carta d’identità da 10 anni e sul passaporto dall’anno scorso. I primi candidati alle elezioni sono del 2013. E da maggio una legge ne garantisce i diritti. Sarebbero mezzo milione. Com’è allora che i fondamentalisti lanciati contro ogni peccato, impurità e scandalo se la prendono invece con i cattolici che pregano in chiesa?
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
L’islam tollera i trans, non i cristiani
in Libero [Libero quotidiano], anno LIII, n. 200, Milano 22-07-2018, p. 12
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