A un mese dalle elezioni The Washington Post scopre un video di un Donald J. Trump sciupafemmine che parla di donne con linguaggio da caserma su un bus diretto agli studi di Days of Our Lives, una soap opera della NBC. Gli fa da spalla l’anchorman di un altro show della NBC, Access Hollywood, Billy Bush; che sì, dell’ex presidente George W. Bush è parente, per l’esattezza cugino. Hillary Clinton ha tuonato subito «Orrore», ma anche i Repubblicani sono esplosi. Paul Ryan, presidente della Camera dei deputati, ha disertato un comizio in programma ieri con Trump in Wisconsin. Il presidente del Republican National Committee (l’organismo di governo del partito), Reince Preibus, ha censurato il magnate; l’ex governatore dello Utah, John Huntsman, ha chiesto che Trump si ritiri; idem il senatore Mike Lee e il deputato Chris Stewart sempre dello Utah; e l’attuale governatore di quello Stato, Gary Hebert, ha dichiarato che Trump non lo voterà più. Persino il candidato Repubblicano alla vicepresidenza Mike Pence ha duramente stigmatizzato Trump: «Come marito e padre, mi sono sentito offeso dalle parole e dalle azioni descritte da Donald Trump […]», ha affermato su Twitter. «Non posso giustificarle o difenderle». Anche se si è detto «grato» per le scuse pronunciate dal miliardario. Reazioni logiche per un partito che oramai è pienamente “Dio, patria e famiglia”, e pienamente adeguate.
Comunque pure la moglie del tycoon, Melania, si è dichiarata «offesa», benché anche disposta al perdono. Alla lista dei Repubblicani eccellenti che hanno reagito con forza al video ci sono da segnalare anche i senatori John Kasich e John McCain, nonché Arnold Schwarzenegger il quale, in un messaggio su Twitter, ha annunciato che «per la prima volta da quando sono diventato cittadino [americano, ndr] nel 1983, non voterò per il candidato Repubblicano alla presidenza».
Ma c’è un ma. Il video incriminato è del 2005. Ne sono appena comparsi altri in cui il tycoon se la spassa con le conigliette di Playboy e in rete c’è pure quello, del 2000, in cui Trump si trastulla con il finto seno dell’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, travestito da drag queen. La notizia cioè è vecchia. Nessuno ha mai pensato che Trump fosse diverso ed è per questo che i suoi nemici più acerrimi sono stati (e in parte lo sono ancora) il suo stesso partito, il movimento conservatore, media di destra importanti come National Review e The Weekly Standard, intellettuali cattolici di fama quali George Weigel e Robert P. George che hanno persino lanciato una petizione per fermarlo. Eppure è roba vecchia anche questa. Circola, infatti, da un po’ un altro Trump, diverso.
Questo secondo Trump ha creato in giugno un comitato d’indirizzo composto da 26 tra i più duri leader della Destra protestante. In luglio ha voluto come vice Mike Pence, conservatore intransigente. In agosto ha scelto la cattolica conservatrice Kellyanne E. Fitzpatrick Conway per dirigere la campagna elettorale. In settembre ha dato vita a un secondo comitato cattolico d’indirizzo, 34 membri tra cui il governatore del Kansas Sam Brownback, l’ex senatore Rick Santorum e il campione pro-life don Frank A. Pavone. Poi ha creato la Pro-Life Coalition con un impegno scritto a combattere l’aborto con precise azioni di governo, qualora divenisse presidente, che non si era mai visto. Proprio con il senatore Lee che ora lo critica si è impegnato, se eletto presidente, a firmare se il Congresso lo approverà, il First Amendment Defense Act che tutela chi, per motivi di fede, è contrario al “matrimonio” LGBT. E il 1° ottobre ha scritto a “Catholic Vote”, la lobby che prima lo ha combattuto e poi appoggiato con riluttanza, per dire che sfiderà il politicamente corretto in difesa dei cristiani.
Davanti ai fotogrammi del 2005, Trump ha subito registrato un controvideo di pentimento (con la stampa si è pentito pure Billy Bush). Dice che il contatto con la gente reale lo ha cambiato. Sa che Washington val bene una Messa. Ma la Destra aggiunge che una Messa è sempre una Messa.
Marco Respinti
Versione definitiva dell’articolo pubblicato con il titolo
Scontro fra Trump e il vice sulla frase sessista
in Libero [Libero quotidiano], anno LI, n. 279, Milano 09-10-2016, p. 15
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