Spero di non essere stato l’unico a non avere perso mai di vista, tutte le volte che le telecamere lo hanno inquadrato, il volto di John Boehner, il presidente della Camera federale di Washington, cioè il capo dell’opposizione al Congresso, cui il protocollo ha assegnato lo scranno a fianco del vicepresidente Joe Biden (Biden chi?), dietro il presidente Barack Obama, durante il discorso sullo Stato dell’Unione. È stato lo spettacolo più interessante di tutta la diretta.
Mentre infatti Obama sgranava una dopo l’altra quelle sue frasi memorabili che nessuno si ricorda dopo appena un minuto che le ha pronunciate (tipo Matteo Renzi, insomma) e dalla sintassi stile cubo di Rubik (come giri l’ordine delle parole, quelle stanno), cioè mentre Obama si lodava ed elogiava per risultati di politica economica che se va bene sono dovuti agli americani che non hanno mai perso la fiducia in se stessi (a differenza di altri Paesi) e che se invece va male sono davvero tutti da verificare uno per uno sulla lunga distanza, sono riuscito a tenere a bada gli assalti dello sbadiglio solo grazie a Boehner. Alle smorfie ben dosate, cioè, che a ogni trombonata di Obama Bohner non ha lesinato ai suoi fan, riuscendo nell’impresa unica di storcere costantemente il naso senza mai spettinarsi un solo capello. Boehner è un maestro di aplomb, e i veri maestri di aplomb sono il contrario delle statue di marmo: scaricano volentieri il flusso delle loro emozioni, ma lo fanno vestendo l’abito che hanno indosso esattamente come il manichino che fino a poco prima lo teneva in tiro. Con spolvero, si spolverano le spalle dei calcinacci. Tengono botta come nessuno sa fare. E, soprattutto, raggelano il sangue nelle vene dei loro avversari con un semplice sopracciglio.
Boehner è stato davanti alle telecamere non meno di Biden (Biden chi?) seduto alla sua destra e del presidente, ritto davanti a entrambi. Solo che a differenza di Biden (Biden chi?) Boehner se ne è reso perfettamente conto (mentre Biden – Biden chi? – si faceva i casi suoi, pensando che in tivù non si vedesse) e a differenza di Obama, che ha parlato tanto senza dire nulla, non ha proferito una sola sillaba ma è stato loquacissimo.
Da solo Boehner è capace di trasformare il Congresso degli Stati Uniti, in cui i titoli nobiliari non contano, in una Camera dei Lord e da vero lord gli basta piegare un angolo della bocca anche un solo istante per bocciare tutta una presidenza intera. Al discorso sullo stato dell’Unione lo ha fatto da attore consumato e per questo meriterebbe il Telegatto del migliore protagonista tivù. Uno come lui non si sarebbe mai neanche sognato di guardare l’orologio mentre Obama blablava, ma scommetterei una delle mie cravatte pastello contro una di quelle sgargianti di Bohner che ieri sera Bohner all’orologio ha pensato più volte. Solo che a un certo momento è successo qualcosa.
Obama ha parlato del terrorismo e della sicurezza nazionale; se n’è accorto poco, eppure lo ha fatto. E allora, solo allora Boehner, lo stesso Boehner di prima, ha cambiato espressione del viso serio e d’istinto ha fatto quello che per tutta la serata si è guardato bene dal fare, quale che fosse il passaggio del discorso del presidente. Si è levato in piedi, nemmeno lui forse rendendosi a questo punto conto del proprio gesto. Boehner continua a non condividere una virgola di quel che pensa, fa e dice Obama. Di Obama Boehner rimane l’incubo peggiore. L’abisso tra i due su cosa significa terrorismo, nazione, difesa, guerra e pace permane intatto. Ma in quel preciso momento al Congresso il tempo si è fermato, Boehner avrà avvertito una vampata improvvisa, non avrà più saputo dire dove si trovava, avrà sentito il peso dell’universo sulle spalle e un occhio di bue comico puntato su di sé, e quindi si è alzato. Mica per Obama, che caspita, ma per il bene supremo del Paese che in quel momento veniva evocato.
Uno come Obama pensa che il Paese e il suo bene supremo siano i servizi sociali, i diritti sindacali e le tasse; uno come Boehner pensa invece che siano la mamma, la moglie, i figli, la casetta stile Legoland nei sobborghi residenziali della città, la rimessa per auto e bricolage, qualche acro di prato attorno, la pesca il week end con canna e cappellino da baseball, e l’immancabile “potrete avere il mio fucile solo strappandolo dalla mie fredde dita morte”. Ma fa lo stesso, sì fa lo stesso. Obama infatti era d’un tratto scomparso. Al suo posto, per un istante lungo una vita da spendere per qualcosa di più grande, c’era il Commander-in-Chief.
Boehner si è alzato. Con lui si sono alzati gli americani, quelli che in alcuni precisi momenti dell’esistenza, tipo quello, se ne fregano di chi sta alla guida del Paese ma pensano solo che il Paese altro non è se non tanti, molti americani capaci di rispondere a chi li sfida. Don’t mess with the U.S. Sì, c’è un tratto comune che da sempre lega le politiche estere di qualsiasi Amministrazione statunitense, al di là dei colori e dei partiti. Si chiama “My Country Right or Wrong”. Ne vorrei la cittadinanza onoraria.
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