Il beato Papa Paolo VI è detestato dai cattolici per due cose. La prima è l’enciclica Humanae vitae. Correva il famigerato Sessantotto, già da un po’ nelle chiese si preferivano gli spernacchi all’incenso, il Concilio Ecumenico Vaticano II si era chiuso solo da tre anni e proprio Paolo VI sembrava avere posto il sigillo alla faccenda operando quella riforma liturgica che secondo gli anticonciliaristi mandava in pensione la Messa in latino. Per i dossettiani, i cattomodernisti e quelli che alla Comunione cantano Bob Dylan e gl’Inti-Illimani Paolo VI era il papa de’ noantri. Per questo i cattolici cui andava stretto l’essere cattolici, e tra loro un numero esagerato di ecclesiastici, curiali, sottanoni e porporati, si aspettavano un documento che finalmente desse il permesso di farsi ognuno i casi suoi, preservativi nel portafoglio, spirale come dote di nozze e aborto prima dell’ammazzacaffè. Una Commissione di studio istituita da Papa san Giovanni XXIII pensò, chiacchierò, sviscerò, pontificò e alla fine estrasse dal cilindro il coniglio della cosiddetta “pillola cattolica”, cioè una di quelle cose che equivale a dire che Gesù Cristo è morto in croce per niente. Cosa che qualcuno penserà, ma che è un po’ improponibile chiedere a un Papa di dire. E infatti Paolo VI soprese tutti, mandò la Commissione a farsi benedire (forse letteralmente), prese il toro per le corna e scrisse un testo che era il contrario esatto di quel che tutti sia aspettavano. Per i cattolici il controllo delle nascite è verboten e chi dice il contrario è fuori. Nugoli di teologi e interi episcopati gliela giurarono, diversi sono ancora a piede libero.
La seconda cosa per cui i cattolici detestano Paolo VI è la sua omelia nella Solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo pronunciata dal Pontefice nella Messa celebrata il 29 giugno 1972 per il nono anniversario della sua incoronazione. L’omelia in cui il Papa disse «attraverso qualche fessura, il fumo di Satana è entrato nel tempio santo di Dio» producendo quella che nel discorso ai membri del Pontificio Seminario Lombardo il 7 dicembre 1968 lo stesso Paolo VI aveva definito l’«autodemolizione» della Chiesa. Picchiarsele da soli, insomma.
Ho sopra scritto due volte che il beato Papa Paolo VI è detestato per queste cose dai cattolici perché, come ben si vede, è lo stesso beato Papa Paolo VI a dirlo. Ebbene, il fumo di Satana puzza ancora e l’autodemolizione procede come un Caterpillar.
Come spiegarsi sennò il fatto che, a fronte del cardinale guineano Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, che nel libro-intervista con Nicolas Diat Dio o niente (trad. it., Cantagalli, Siena 2015) afferma, conscio di mandare in bestia un numero enorme di suoi pari, «Come non ringraziare Paolo VI per il suo coraggio nell’enciclica Humane Vitae?», il cardinale ghanese Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, sbrachi disinvoltamente alla BBC dicendo (così riporta l’emittente televisiva britannica) «il controllo delle nascite può alleviare alcuni degli impatti dei cambiamenti climatici, particolarmente la mancanza di cibo in un mondo più caldo». Sono parole che in bocca al mio vicino di casa lo farebbero sembrare scemo e che in bocca a un porporato di Santa Romana Chiesa sono semplicemente un abominio perché costituiscono la consacrazione del più assurdo dei teatrini: una Chiesa perfettamente inutile.
Marco Respinti
Versione completa e originale
dell’articolo pubblicato con il medesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord,
Milano 11-12-2015
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