L’ISIS è colpevole di genocidio contro cristiani e yazidi. Non solo di massacri, torture, stupri e scempi che già sarebbe sin troppo, ma specificamente di quel terribile crimine contro l’umanità che è riconosciuto a livello internazionale con una precisa valenza giuridica. Lo hanno stabilito all’unanimità i 393 deputati della Camera federale di Washington lunedì 14 marzo, approvando una risoluzione di condanna delle atrocità premeditate e sistematiche che lo Stato islamico sta da mesi compiendo contro le minoranze religiose del Medioriente. La decisione dell’aula di Washington segue di poco l’analogo pronunciamento del Parlamento Europeo, che durante la sessione plenaria di Strasburgo del 3 febbraio ha votato, sempre all’unanimità, una risoluzione di fatto identica. Certo, il voto della Camera degli Stati Uniti non esprime un parere vincolante, ma mira a uno scopo preciso. Spingere il presidente Barack Obama, che finora si è sempre rifiutato di parlare di genocidio, e il Dipartimento di Stato americano a esprimersi nello stesso senso, pronunciando quella parola maledetta, «genocidio».
Le parole, infatti, contano, come sul sito del canale televisivo Fox News spiega Jay Sekulow, consigliere generale dell’American Center for Law and Justice di Washington. «La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio delle Nazioni Unite», osserva Sekulow, «definisce “genocidio” gli atti commessi “con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”».
Ma il termine «contiene anche implicazioni giuridiche». Il concetto di «genocidio» viola infatti «il diritto internazionale e tale definizione è necessaria per far scattare quei requisiti legali della Convenzione sul genocidio dell’Onu che costringerebbero il presidente Obama a proteggere i cristiani». Ovvero, «tutte le parole dette dal presidente Obama sul massacro dei cristiani non prevedono alcun intervento», mentre «l’etichettare come “genocidio” le orrende atrocità perpetrate contro i cristiani obbliga giuridicamente all’azione». E proprio l’azione ha chiesto a Obama il presidente della Camera Paul Ryan dopo il voto dell’aula, mentre tre candidati in corsa per la successione alla Casa Bianca si sono pronunciati a favore del riconoscimento del genocidio: Ted Cruz e Marco Rubio, Repubblicani, e la Democratica Hillary Clinton.
Ma Obama non è nuovo ai silenzi imbarazzanti. Nell’aprile di un anno fa si era rifiutato di definire genocidio l’olocausto di 1milione e 400mila cristiani armeni compiuto dai Giovani Turchi tra 1915 e 1923 che invece Papa Francesco aveva avuto il coraggio di chiamare, tra le irritazioni di Ankara, con le stesse parole già pronunciate da san Giovanni Paolo II: «il primo genocidio del XX secolo». Eppure proprio la precisione semantica e giuridica con cui l’avvocato polacco Raphael Lemkin coniò nel 1944 il neologismo «genocidio», fatto proprio quattro anni dopo dall’Onu, ha permesso il riconoscimento retroattivo di quel crimine nel caso degli armeni e per la Shoah ebraica.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
Il genocidio cristiano va di traverso a Obama
in Libero [Libero quotidiano], anno LI, n. 75, Milano 16-03-2016, p. 12
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