Impiccati o crocifissi, ammazzati per strada come bestie oppure bruciati vivi. Alcuni spariscono nel nulla, altri vengono violentati. Dall’inizio degli anni Duemila ne sono stati ammazzati in media 100-105mila l’anno, in pratica uno ogni cinque minuti. Questo stando alle stime operate dagl’istituti di rilevamento più prudenti. Perché altri dicono invece che la cifra media oscilla fra le 130mila e le 160mila persone l’anno, numero (il secondo) peraltro sicuramente raggiunta attorno alla metà del primo decennio del nuovo millennio. Nel 2016 i morti sono stati 90mila, e più di mezzo miliardo i vivi conculcati nelle libertà primarie. Per il 2017 bisognerà attendere la fine dell’anno, ma l’andazzo è già perfettamente in linea con queste cifre incredibili. È il ritmo greve dell’odio contro i cristiani, che restano la comunità umana più perseguitata, più indifesa e in troppi luoghi del mondo letteralmente in via di estinzione.
A dare l’allarme è anche quest’anno la Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), che da tempo monitora la situazione e che puntualmente pubblica la fotografia aggiornata della cristianofobia mondiale, Perseguitati e dimenticati. Rapporto sui Cristiani oppressi in ragione della loro fede tra il 2015 e il 2017, il dossier presentato ieri a Milano nel Palazzo della Regione Lombardia dal Patriarca della Chiesa copto-cattolica in Egitto, Ibrahim Isaac Sidrak, dal presidente e dal direttore di ACS-Italia, Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, dell’assessore alle Culture, Identità e Autonomie, Cristina Cappellini.
Novità purtroppo non ce ne sono: i nemici principali dei cristiani nel mondo sono il fondamentalismo (anzitutto quello islamico), il nazionalismo religioso (per esempio quello induista secondo cui nessun indiano può non essere indù) e il totalitarismo che in diversi luoghi del mondo resiste e forse persino prospera.
I Paesi analizzati sono 13: Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord, Egitto, Eritrea, India, Iran, Iraq, Nigeria, Pakistan, Siria, Sudan e Turchia. Sono quelli oggi più rappresentativi di un problema del tutto più vasto. Tranne l’Arabia Saudita e la Corea del Nord, dove la situazione resta invariata, cioè sempre grave, gli altri 11 Paesi sono peggiorati rispetto al biennio 2013-2015, che già aveva fatto registrare peggioramenti rispetto agli anni precedenti. Lì la libertà dei cristiani si è cioè ridotta più di quanto già fosse risicata e la persecuzione si è fatta sensibilmente più dura.
Le atrocità commesse dall’ISIS spiccano per efferatezza e spettacolarità, ma a quel che accade quotidianamente in Siria e Iraq si aggiunge l’Egitto dei tre attentati di quest’anno: la strage durante la Messa della Domenica della Palme a Tanta, quella ad Alessandria e l’attacco suicida a un autobus di pellegrini a Minya. A fronte delle azioni del califfato nero, che nell’area resta il problema numero uno, dalla primavera 2016 si è mossa la campagna internazionale per il riconoscimento del genocidio dei cristiani (e degli yazidi); qualche risultato è stato ottenuto, ma poi la vicenda si è arenata per la mancanza di volontà politica dei governi occidentali a tirare le conseguenze, dispiegando cioè sul campo i mezzi necessari a fermare la mattanza. Altro genocidio oramai pressoché dimenticato è quello che decima i cristiani in Nigeria per mano degli islamisti di Boko Haram, ma pure di pastori estremisti dell’etnia fulani.
In India il carnefice principale è il Bharatiya Janata Party (BJP), il partito nazionalista indù del Primo Ministro Narendra Modi. Poco distante c’è il Pakistan, praticamente un caso senza speranza: ufficialmente è una Paese amico dell’Occidente, dunque in tesi “liberale”, e invece la famosa legge conto la blasfemia (nei confronti dell’islam), quella che tiene in carcere dal 2009 Asia Bibi, innocente ma condannata a morte, fa il bello e il cattivo tempo.
Quanto alla Cina, il regime diversamente ma non meno comunista di oggi non ha mai smesso di ostacolare in tutti i modi la fede, persino arrestando vescovi e rapendo sacerdoti, addirittura abbattendo chiese con i trattori. E in Corea del Nord, ma anche in Eritrea, la guerra dei governi contro il cristianesimo è totale. «I cristiani sono dei maiali. Non meritate di vivere». Lo ha detto un miliziano islamista di al Nusra al cristiano Elia Gargous, rapito in Siria. Non è un insulto occasionale, è la bandiera di un livore che magari fosse cieco: è fin troppo organizzato.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato
con il titolo Islamici e indù in gara per massacrare i cristiani
in Libero [Libero quotidiano], anno LII, n. 283, Milano 7-10-2017, p. 13
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