Scusatemi. Domani, sabato 20 giugno non sarò in piazza a Roma a manifestare, con la mia famiglia, contro il totalitarismo LGBT. Non ce la faccio, non ci sto dentro. Incombe l’Unico, ho bonificato il Comune con l’acconto della TASI, adesso sto per metter mano alla TARI, l’IVA del secondo timestre è stata una mazzata, ho pagato l’ultima rata 2015 della retta per la scuola dei figli in ambiente LGBT-safe, già debbo prenotare i libri di testo dell’anno venturo e attendo – faccio il giornalista – le nuove tranche di INPGI e CASAGIT.
Ho fatto quatto conti, in famiglia siamo in quatto, e scendere a Roma sabato per la sacrosanta causa delle famiglia con tutta la mia famiglia è un investimento insostenibile. A occhio e croce, imbarcandoci in quattro sul primo Frecciarossa utile dovrebbe costarmi una cifra compresa tra i 320 e i 400 euro. Perché alla festa della famiglia ci devi andare con tutta la famiglia al completo (il cagnolino non lo abbiamo), sennò che senso ha? Poi le vorrai pur far mangiare ‘ ste creature, dando per scontato che io e mia moglie sabato pratichermo il risparmioso salto dei pasti, pranzo e censa, che ci guadagna pure la linea…
Un caro amico, padre di una compagna di scuola di mio figlio, si meraviglia. Ma come, io che scrivo contro i diktat del gender, che combatto la buona battaglia per la famiglia naturale, io proprio io non vado a Roma a gridare libertà. Ha ragione, da vendere. Ma come faccio? Posso forse pensare di difendere la libertà di esistere della mia famiglia sabato in piazza a Roma facendo però poi pagare per tutti gli alti santi giorni alla mia famiglia il prezzo salato della miseria?
Sempre il solito amico mi suggerisce l’alternativa al Frecciarossa. C’è Italo, che con due biglietti per adulti regala le gratuità ai due figli minorenni. Solo all’andata, però. Per il ritorno, infatti, prezzo pieno per tuti perché un treno utilità con la medesima gratuità non c’è, e così torniamo alle cife del Frecciarossa. Fine delle chance, perché la “concorrenza” in Italia è così: zuppa o pan bagnato, tertium non datur. L’automobile, come capite, l’abbiamo esclusa subito: tra carburante, autostrada e parcheggi a Roma sarebbe un disastro.
Insomma, niente. Sono triste, sconfortato. Difende la famiglia, la mia famiglia, la normalità delle cose, la vita semplice, la ragionevolezza, il buon senso è diventato un lusso. E immagino di non essere affatto un’isola, ovvero che vi sia oggi in Italia un arcipelago enorme di persone e di famiglie che proprio non posono permettersi il lusso della normalità sabato a Roma.
Dite allora sabato a Roma, sorridendo anche per noi, che la famiglia è intoccabile, che il mistero dell’amore e dell’unione feconda tra un uomo e una donna è sacrosanto, che il fai-da-te del relativismo contemporaneo porta solo alla disfatta per tutti, omosessuali ed eterosessuali. E poi, per la prossima festa della normalità e della famiglia in piazza qualunque sia la città, attrezziamoci. Possibile che nel mondo 2.0 in cui viviamo non si possa allestire uno strumento Internet che, imitando i social media, moltiplichi virtualmente gli spazi e la partecipazione, dando davvero a tutti la possibilità di essere presenti con i propri volti, le proprie identità e i propri contributi di gioia e di felicità seppur distanti? Immaginiamoci il popolo enorme che scendebbe in piazza, vera o virtuale, a dire sì alla famiglia non avendo più nemmeno l’ultima dele scuse possibili negarsi.
Marco Respinti
testo inedito