Dal 2015 “Bisagno”, il “primo partigiano d’Italia”, l’integerrimo combattente nato a Genova nel 1921 e morto per l’Italia vicino a Desenzano del Garda il 21 maggio 1945, è anche un docu-film di 67 minuti, diretto da Marco Gandolfo. Ora esce in DVD con un bel volumetto, Bisagno. La resistenza di Aldo Gastaldi, edito da Itaca a Castel Bolognese, provincia di Ravenna (pp. 104, 18 euro). Il regista, ligure, classe 1976, è al suo primo lungometraggio; alle spalle, televisione e documentari, tra cui uno del 2008 sull’Aids valsogli il premio Babelgum Online Film Festival, consegnato da Spike Lee.
Ricche le testimonianze filmate (soprattutto i reduci), non di meno quelle scritte. Anzitutto Paola del Din: friulana classe 1923, Medaglia d’oro al Valor Militare, partigiana di quei partigiani che per essere buoni non hanno mai sentito l’obbligo di essere comunisti, e infatti i comunisti l’hanno contestata. Poi Danilo Veneruso, classe 1932, contemporaneista emerito nell’Università degli Studi di Genova, e i colleghi Maria Bocci e Daniele Bardelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Quindi Emilio Bonicelli, giornalista e scrittore, noto almeno per il romanzo Il sangue e l’amore (2004) sul seminarista martire Rolando Rivi, ammazzato a 14 anni il 13 aprile 1945 nel modenese dai rossi e beatificato nel 2013. Infine due chicche: una testimonianza del nipote omonimo, Aldo Gastaldi, e un’intervista, rilasciata nel 2010 a Gandolfo, di Elena Bono, la scrittrice, poetessa e traduttrice cattolica scomparsa novantatreenne quattro anni fa e rimossa dall’immaginario collettivo. Laziale di nascita, ma ligure a Chiavari dall’età di dieci anni, la Bono ha conosciuto i partigiani, ci si è legata, li ha raccontati e sul Nostro ha scritto Per Aldo Gastaldi «Bisagno» (Le Mani, Recco [Genova], 1995), carico di documenti, testimonianze e lettere.
Animato da una fede cattolica che fa portenti, Bisagno schifò i partiti sin dall’inizio. Dai suoi soldati pretese un codice etico, anzi cavalleresco che visse sempre in prima persona. Combatté per l’Italia perché aveva un ethos da restituirle. Non certo l’alternanza tra sfumature di rosa su cupo sfondo rosso del lungo dopoguerra, salvo rari sprazzi di luce come il 18 aprile 1948, poi finita nella palude del relativismo. Tant’è che ai rossi non piaceva. Morì schiacciato sotto le ruote dell’autocarro Fiat su cui viaggiava alla testa degli alpini cadendo dal tetto. I molti tentativi profusi nei decenni per parlare di mera fatalità continuano a convincere poco.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
Bisagno, il partigiano “cattolicissimo” che non piaceva ai rossi
in Libero [Libero quotidiano], anno LIII, n. 122, Milano 05-05-2018, p. 25
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