Nel 2003, con un libro divenuto a suo modo famoso, The New Anti-Catholicism (Oxford University Press), lo storico gallese ex cattolico Philip Jenkins popolarizzava una formula divenuta anch’essa a suo modo famosa: l’ultimo pregiudizio accettabile nei templi del politicamente corretto è l’anticattolicesimo, che non va mai in prescrizione, fa sempre la sua figura e soprattutto è gratis. A chiedere conto di tanta protervia arriva però adesso un nome del calibro di Rodney Stark con Bearing False Witness: Debunking Centuries of Anti-Catholic History pubblicato a West Conshohocken, Pennsylvania, dalla Templeton Press, il ramo editoriale della prestigiosissima John Templeton Foundation. Sociologo e storico di fama internazionale, luminare degli studi su religione e civiltà (in Italia è quasi tutto tradotto dalla Lindau di Torino), Stark coniuga rigore scientifico e verve dialettica portando una materia alta e a volte complessa fuori dal giro stretto (e talvolta autoreferenziale) degli specialisti senza cessare di essere uno di loro.
Il suo nuovo libro è una miniera di antidoti alla vulgata anticattolica. La Chiesa non ha mai soppresso “vangeli” alternativi e scomodi; i principi cristiani non hanno sistematicamente passato a fil di spada i pagani; i cattolici non credeva che la Terra fosse piatta; il Medioevo non è stato un’epoca buia; le Crociate non sono state spedizioni sanguinarie per il potere; l’Inquisizione non è poi stata così malaccio; la Chiesa non si è mai opposta al progresso scientifico; e i Papi non hanno mai sognato la teocrazia. Stark eccelle però là dove ancora pochissimi si sono avventurati. Sul presunto antisemitismo cattolico, per esempio. La famosa (e per alcuni famigerata) dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II non rivoluziona affatto, dice Stark, l’atteggiamento della Chiesa verso gli ebrei: ribadisce la dottrina di sempre. Gli ebrei non sono infatti mai stati considerati il “popolo deicida”, il Dio cattolico non li ha mai odiati e quei cattolici che la pensano o l’hanno pensata così semplicemente non sono cattolici (anche se magari sono preti).
Tra il 500 e il 1096 si è verificato un solo attacco violento di cristiani contro ebrei (nel 554 a Clermont, Gallia meridionale), gesto isolato di una plebaglia condannato dalla Chiesa. Fu un periodo «tranquillo», scrive lo storico ebreo Robert Chazan, in cui gl’israeliti godevano di favore, come afferma il noto esperto ebreo di antisemitismo Léon Poliakov (1910-1997). Il clima cambiò dopo il Mille quando la minaccia politica posta dalle nuove eresie scatenò una lotta pagata anche dagli ebrei, ma le intemperanze furono sempre opera laica non ecclesiastica. I “famosi” pogrom della “crociata dei poveri” di Pietro l’eremita sono del resto largamente non attestati. E quando nel 1347 si accusarono gli ebrei spagnoli della grande peste, Papa Clemente IV e i suoi vescovi fermarono le violenze armati di bolla pontificia. Roma difese gli ebrei. Per la teologia cattolica, infatti, alla fine dei tempi gl’israeliti saranno gli ultimi a convertirsi ma per opera di Dio non dell’uomo: per questo nessun ecclesiastico in linea con la dottrina cattolica ha mai cercato di convertirli forzatamente.
Un’altra menzogna che Stark debitamente sbugiarda è l’idea che la Chiesa abbia insegnato l’accettabilità morale della schiavitù, tant’è che fu proprio la Chiesa ad abolirla in Europa un migliaio di anni fa. Ma pure a opporvisi in modo veemente (tra l’altro gettando le basi del diritto internazionale) quando, all’alba del mondo moderno, i coloni europei cercarono di reintrodurla nel Nuovo Mondo. Nientemeno che il Doctor Angelicus, cioè san Tommaso d’Aquino, scrive senza fronzoli che la schiavitù è un peccato e Papa Paolo III (1534-1549) l’attribuisce a Satana.
Scegliendo fior da fiore, comunque, quello più profumato è la critica che questo studioso non cattolico allevato – dice – «[…] sulle glorie della Riforma» muove al protestantesimo. Un capitolo utilissimo, visto che l’anno venturo cadrà il quinto centenario della nascita del luteranesimo e se ne sentiranno, e già se ne sentono, di ogni risma (soprattutto da parte “cattolica”). Che la Riforma stia stata la culla delle libertà moderne, infatti, è per Stark un semplice «nonsenso». La grande famiglia dei protestantesimi è stata da un lato autoritaria e coercitiva, dall’altro l’inizio di quella tiepidezza religiosa che ha generato il laicismo e oggi completamente trasformatasi (proprio a cominciare dalle terre protestanti) in una melassa buonista tanto contagiosa quanto sterile. Frottole anche l’idea che il capitalismo sia un prodotto del protestantesimo, come già affermava lo storico francese Fernand Braudel (1902-1985): lo è invece della Scolastica medioevale, e il suo ethos maturò ancora prima addirittura tra i francescani e negli ambienti monastici. Un merito però la Riforma luterana lo ebbe, aggiunge Stark: quello di provocare la Contro-Riforma cattolica e il suo grande rinnovamento “tridentino”.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
I luterani sono di ventati molli. Ormai i soli duri sono i cattolici
in Libero [Libero quotidiano], anno LI, n. 203, Milano 24-07-2016, p. 25
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