Oramai è di una evidenza cristallina. I coniugi Bill e Hillary Clinton hanno usato e abusato dell’influenza e dell’autorità garantita loro dall’essere stato lui presidente degli Stati Uniti d’America dal 1993 al 2001 e lei Segretario di Stato dal 2009 al 2013 per arricchirsi spudoratamente con operazioni irregolari, liaison pericolose e alienazione di asset strategici che hanno minato la sicurezza del Paese più importante del mondo consegnandolo disinvoltamente in pasto a faccendieri loschi, pregiudicati e servizi segreti esteri.
Per farlo, hanno creato nel 1997 (quando ancora Bill era presidente degli Stati Uniti) la “William J. Clinton Foundation”, con sede al 1200 di President Clinton Avenue di Little Rock, Arkansas, poi ribrandizzata nel 2013 “Bill, Hillary & Chelsea Clinton Foundation” e nota al mondo semplicemente come “Clinton Foundation”, operativa dal 42esimo piano di un palazzone che sta al civico 1271 di Avenue of the Americas, New York. Una “Fondazione di famiglia” che funziona come una “Fondazione d’affari” controllando una rete di entità quali la Clinton Health Access Initiative, la Clinton Global Initiative, la Clinton Global Initiative University, la Clinton Climate Initiative, la Clinton Development Initiative, la Clinton Economic Opportunity Initiative, la Clinton Giustra Sustainable Growth Initiative, la Clinton Health Matters Initiative, la Alliance for a Healthier Generation e il No Ceilings Project.

Il selfie del ministro Maria Elena Boschi e dell’ex presidente Bill Clinton alla Convenzione Nazionale del Partito Democratico di Filaldelfia
Dietro il paravento del buonismo filantropico, e con la retorica dei “mutamenti climatici”, della “sanità per tutti” e di altre mene così, questo vero e proprio impero di soldi e potere ha trafficato e traffica in lungo e in largo per gl’interessi esclusivamente privati dei Clinton. La Clinton Foundation ha così piegato la politica estera statunitense al mero tornaconto di Bill e di Hillary, pilotandone e alla bisogna addomesticandone il giudizio e le azioni in un conflitto d’interessi da far impallidire. I suoi donatori hanno potuto controllare agevolmente il Dipartimento di Stato a scopo di lucro. Le organizzazioni che monitorano il no-profit americano sono senza parole davanti al tasso di non-trasparenza accertato dell’impero Clinton. Più volte personaggi americani e stranieri strettamente legati ai Clinton, ovvero generosi donatori sui conti della loro Fondazione (e sovente associati alla dirigenza sua e delle controllate), sono stati condannati per illeciti. Eppure sembra che lo scandalo, colossale, nemmeno esista.
Quando era al vertice del Dipartimento di Stato, Hillary ha evitato più volte di etichettare come “terrorista” la famigerata Boko Haram allo scopo di favorire gli affari miliardari di certi suoi amici nigeriani che poi hanno restituito il favore con laute offerte mentre gli jihadisti mietevano vittime a spron battuto.
Come documenta il regista M.A. Taylor con il lungometraggio Clinton Cash, e prima di lui Peter Schweizer con il libro omonimo, Hillary ha trafficato sopra le righe con interessi iraniani, bielorussi, kazaki e canadesi, ha trasferito alla Russia di Vladimir Putin il 20% di un bene assolutamente strategico come l’uranio e ha speculato in maniera indegna sul terremoto che nel 2010 ha raso al suolo Haiti mentre allegramente Bill si faceva pagare prebende faraoniche sotto forma di strapagate conferenze sul nulla cosmico.
E mentre tutto questo accadeva, dal salotto di casa Clinton l’ex First Lady a capo della diplomazia più influente del mondo chattava segreti di Stato e questioni riservate senza nemmeno la protezione di un antivirus comperato in edicola. Sarà un caso, ma a Bengazi ci hanno rimesso la vita dei cittadini americani tra cui l’ambasciatore statunitense in Libia. Sarà un caso, ma questo comportamento assurdo è stato stigmatizzato dall’FBI che però – sarà sempre un caso – ha poi archiviato tutto in fretta e furia. Forse sempre per un caso alcune delle email negate da Hillary all’indagine dell’FBI sono però ora ricomparse confermando il grande marcio di cui la Clinton Foundation è il perno. Adesso un lotto di ben 15mila messaggi di posta elettronica precedentemente sottratti allo scrutinio dell’FBI pendono come la spada di Damocle sul rush finale della corsa di Hillary alla Casa Bianca. Conterrebbero la prova provata di traffici loschi e corruzione, e per ordine del giudice James E. Boasberg del tribunale federale del Distretto di Colombia (cioè della capitale Washington) dovranno essere resi pubblici: si parla del mese di ottobre.
Un quadro desolante e inquietante, visto che si tratta di personaggi ai vertici del mondo e, nel caso di Hillary, del probabile benché non auspicabile prossimo presidente degli Stati Uniti. Parte integrante della desolazione e dello sconcerto è il fatto che la Clinton Foundation continui a operare alla luce del sole senza che alcuno la fermi. Che continui a ricevere migliaia di migliaia di dollari da mezzo mondo. Sta tutto, palese, sul suo sito Internet. C’è di tutto (persino l’ineffabile Donald J. Trump) e c’è da divertirsi a spulciare l’elenco. Epperò: cosa diamine ci fa nella lista dei donatori di questa corte dei miracoli col pelo sullo stomaco lungo così che non ci faresti mai uscire tua figlia il sabato sera anche il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di un Paese tartassato e alla deriva come l’Italia? Il nostro Ministero figura da tempo tra i donatori della fascia compresa tra i 100mila e 250mila dollari annui e alla voce (sic) “sovvenzioni di Stato”. Per quale motivo tanta liberalità all’estero con i soldi dei contribuenti italiani non è però nemmeno dato sapere.
E oltre al Ministero, cosa ci fa tra i donatori del Circo Barnum dei Clinton anche il disastrato Monte dei Paschi di Siena, la banca gestita dalla Sinistra italiana di lotta e di governo salvata dalla bancarotta dal governo di sinistra di Matteo Renzi? Sì, il ministro Maria Elena Boschi è volata alla Convenzione del Partito Democratico di Filadelfia (con Laura Boldrini) giusto per un selfie con Bill Clinton…
Marco Respinti
Versione completa e originale dell’articolo pubblicato con il medesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord,
Milano 24-08-2016
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