Il cardinal John Henry Newman (1801-1890), beatificato da Papa Benedetto XVI il 19 settembre 2010, amava così tanto un uomo da voler essere seppellito nella sua stessa tomba. Era il suo assistente, al suo servizio per trent’anni, Ambrose St. John (1815-1875), prete pure lui. Entrambi ex anglicani, si convertirono entrambi al cattolicesimo. Sono stati intimi per una vita intera. Quando Ambrose spirò, John Henry ne fu colpito al cuore. Poi, oltre la vita, si sono ritrovati nel terriccio del cimitero degli Oratoriani di Rednall Hill, un sobborgo di Birmingham.
Nessuno però se ne ricorderebbe se non fosse che, in vista della beatificazione, il 26 agosto 2008 si pensò di riesumare le
spoglie del cardinale per traslarne i resti in una chiesa. Ma, sorpresa, quella tomba per due risultò vuota. Naturali processi di dissolvimento, ma c’è chi giura che ci sia sotto ben altro: una trama clericale per distruggere per sempre ogni prova dell’imbarazzante caso dei due preti sepolti assieme. Roba alla Dan Brown, che però ottenne le attenzioni della stampa gossippara soprattutto a opera del suo più infaticabile assertore, Peter G. Tatchell, un attivista gay australiano noto per avere cercato di “arrestare” il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe nel 1999 e nel 2001.
Perché ovviamente il tema è quello dell’omosessualità dichiarata dei due preti, uno persino cardinale, addirittura beato, considerato precursore del Concilio Ecumenico Vaticano II. Solo che si tratta dell’ennesima bufala grossier per infangare la Chiesa, regolarmente sbugiardata dagli storici.
Chi rispedisce al mittente le fandonie sul conto di Newman è don Ian Ker, sacerdote cattolico inglese, docente di Teologia a Oxford, massimo studioso del cardinale e suo sommo biografo. Newman e St. John erano professori universitari, ricorda Ker. All’epoca i docenti universitari erano tutti uomini. Naturale che tra loro si sviluppassero amicizie davvero profonde. Che siano stati sepolti assieme è cosa per noi oggi assurda e la Chiesa non lo permetterebbe più, ma al tempo si usava. Il grande letterato Clive S. Lewis (anglicano) si fece seppellire con il fratello Warren e Dorothy Collins, segretaria dei coniugi Chesterton (cattolici), volle condividere la tomba con la coppia che amava.
Ebbene, Newman e Ker tornano a farla da protagonisti in Italia, grazie a una due-giorni di grande importanza scientifica che si chiude oggi all’Istituto Universitario Salesiano di Venezia-Mestre (IUSVE), che assieme alla Pontificia Università Lateranense e in collaborazione con l’International Centre of Newman Friends di Roma, ha organizzato il convegno internazionale Maestri perché testimoni grazie all’alacre sforzo profuso da Michele Marchetto, docente di Antropologia Filosofica e Filosofia dell’Educazione nello IUSVE, da Patrizia Manganaro, docente di Storia della Filosofia contemporanea alla Lateranense, e da padre Hermann Geissler della Famiglia Spirituale “L’Opera”.
Il convegno, cui prendono parte anche gli studiosi Hanna Barbara Gerl-Falkovitz, Angela Ales Bello, John F. Crosby, Gregory Solari, Leonardo Messinese e Markus Krienke, mette a confronto il pensiero di due giganti della cultura cattolica, appunto il beato Newman e santa Edith Stein (1891-1942), in religione Teresa Benedetta della Croce, la carmelitana ebrea tedesca (un’altra grande convertita) morta nel campo di sterminio di Auschwitz. Un accostamento senz’altro originale, ma intelligentissimo.
L’attualità di queste due figure è infatti stringente. Newman è stato il grande difensore dell’infallibilità pontificia scevra da ogni rigidità cadaverica di certi “tradizionalisti” ma pure lontana dalla “papolatria”; ha sostenuto la libertà della coscienza combattendo le derive relativiste; e ha capito prima di chiunque altro che la Chiesa deve cambiare o svilupparsi non per essere diversa, ma per essere la stessa di sempre. E dall’abisso del male e del dolore Edith Stein è tornata a testimoniare la paternità della Provvidenza alle teologie disfattiste del “silenzio di Dio”. Per questo, canonizzandola l’11 ottobre 1998, Papa san Giovanni Paolo II l’ha voluta compatrona d’Europa.
In più, oggi che «la coscienza è spesso confusa con l’opinione personale, il sentimento soggettivo, il proprio piacimento» come dice bene padre Geissler, cosa offrire di meglio se non il modello di due convertiti al nostro mondo che ha perso Dio e forse nemmeno ricorda più di volerlo cercare?
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
La moda di condividere la tomba in Libero [Libero quotidiano],
anno LII, n. 19, Milano 20-o1-2017, p. 25
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