«Dio è morto», diceva Friedrich Nietzsche. Ma immaginiamoci la faccia del filosofo a sentirsi rispondere «Non lo credo» dai Black Sabbath, i campioni del rock pesante “demoniaco” che nel 2013 hanno inciso God Is Dead?, e oggi persino da un film, il campione d’incassi God’s Not Dead.
Diretto da Harold Cronk, e interpretato da Kevin Sorbo (Hercules, Andromeda) e Shane Harper (High School Musical 2), God’s Not Dead è uscito negli Stati Uniti nel 2014 ma da noi arriva solo oggi. Merito della Dominus Production di Federica Picchi, la stessa che l’anno scorso ha vinto la scommessa con Cristiada (2012), la pellicola sui cristeros cattolici che negli anni 1920 si ribellarono alla persecuzione del governo social-massonico messicano.
God’s Not Dead mette in scena la sfida intellettuale tra una matricola universitaria, Josh Wheaton, e un professore di filosofia, Jeffrey Radisson, brillante, ateo, spocchioso e dispotico. Coerente fino al midollo, Radisson esige che i suoi studenti chiudano Dio in soffitta. Ma Josh non ci sta, e unico della sua classe, tiene testa al prof. a colpi di logica. Le sorprese non mancheranno.
Il film viaggia sulle note energiche e orecchiabili dei Newsboys, il gruppo pop-rock australiano che ne firma la colonna sonora e che si guadagna da vivere con la Christian Music senza vergognarsi; in Italia sono sconosciuti, ma fuori vendono come star, soprattutto tra i giovani. Nella pellicola appaiono anche Willie e Korie del clan Robertson, quello protagonista del famoso Duck Dynasty (trasmesso da Discovery Channel), il reality ambientato nelle paludi della Louisiana che ha fatto il giro del mondo e parecchio scalpore (fino alla censura) per le testi fondamentaliste e politicamente scorrette di una famiglia patriarcale che vive di Bibbia e caccia alle anatre.
Sì, da poi una pellicola così sarebbe impensabile. Ma negli Stati Uniti no. Film così ce ne sono, sono spesso di buona qualità e quando sono ben fatti guadagnano anche un mucchio di soldi. La ricetta del successo sta infatti negl’ingredienti.
Ma in Italia? Be’, il precedente del fortunatissimo Cristiada parla da solo. Snobbato dai grandi distributori nonostante un cast eccezionale (Andy García, Eva Longoria, Eduardo Verástegui Peter O’Toole) e relegato per anni in un cantuccio in attesa di passare definitivamente nel dimenticatoio, il film ha invece fatto sold out grazie al passaparola e al circolo virtuoso di gruppi e gruppetti di spettatori tanti forti da spuntarla anche nei multisala. Quali gruppi? Il mondo cattolico, che non è morto, che non tutto è “adulto” come diceva Romano Prodi intendendo “adulterato” e cha va pure al cinema. Non un potere forte, ma un potere reale.
God’s Not Dead prova allora a fare il bis. Il 25 febbraio sparerà il primo colpo in 26 città campione tra cui Milano (e Firenze, Genova, La Spezia, Cagliari, Bari, Messina; info e prenotazioni: www.godsnotdead.it). Poi entrerà nel circuito distributivo il 10 marzo. E la Dominus Production crede così tanto in questa “nicchia”, dove la nicchia è però una folla, da uscire subito con un altro titolo, Risen, storia, toccante, di una conversione con un occhio ai kolossal biblici di Hollywood, diretto da Kevin Reynolds e interpretato da Joseph Fiennes, Tom Felton e Maria Botto. Uscirà il 17 marzo in contemporanea con gli Stati Uniti.
Resta comunque tutta un’“americanata”? Sbagliato. Due dei più recenti film cristiani, anzi cattolici, maggiormente meritevoli vengono dalla Spagna. Un Dios prohibido, diretto nel 2012 da Pablo Moreno, narra la storia vera dei martiri claretiani di Barbastro, uccisi nel 1936 dagli anarco-comunisti durante la Guerra civile 1936-1939. E Bajo un manto de estrellas, diretto nello stesso anno da Óscar Parra de Carrizosa, racconta il sacrificio dei 19 domenicani del Convento de la Asunción de Calatrava di Almagro. Visto che quest’anno sono gli 80 anni della mattanza rossa di Spagna qualcuno potrebbe fare un pensierino anche da noi.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il medesimo titolo in Libero [Libero quotidiano], anno LI, n. 36, Milano 06-03-2016, p. 26
Finalmente l’attesa è finita. Cristiada, l’oramai famosissimo film sull’epopea dei cristeros messicani, approderà anche nelle sale cinematografiche italiane. Accadrà nel mese di ottobre. Il merito è tutto della Dominus Production, la casa di distribuzione cinematografica fondata e diretta a Milano/Firenze da Federica Picchi che ne ha acquisito i diritti di doppiaggio e distribuzione nel nostro Paese. Al sito Internet www.dominusproduction.com è già possibile prenotare la proiezione del film nei cinema italiani, così come il DVD o la visione in streaming che saranno disponibili a partire dal gennaio 2015.
Un giallo finito bene
Quello di Cristiada è stato a lungo un po’ un giallo. Tutto ha avuto inizio tra il 2010 e il 2011, quando la pellicola fu realizzata come coproduzione messicano-statunitense (il film è girato in Messico ma in lingua inglese) sulla base degli studi condotti dalla principale autorità scientifica in materia, lo storico franco-messicano Jean Meyer Barth. È peraltro opportuno ricordare qui che il figlio di questi, Matías Meyer – nato nel 1979 a Perpignano, in Francia –, ha realizzato nel 2011 un altro capolavoro di 90 minuti, Los últimos cristeros, che si basa sul romanzo Rescoldo. Los últimos cristeros. Opera del 1961 dello scrittore Antonio Estrada Muñoz (1927-1968) – egli stesso figlio di un comandante cristero dello Stato federato di Durango all’ora della seconda, “disperata” ribellione, dal 1934 al 1941, il colonnello Florencio Estrada, caduto in combattimento nel 1936 –, il romanzo è stato recentemente, nel 2010, ripubblicato a Madrid dalle Ediciones Encuentro, arricchito da una introduzione dello stesso Meyer figlio e curato da Angel Arias Urrutia, specialista dell’Universidad San Pablo nella capitale spagnola.
Ma torniamo a Cristiada. L’impresa ha avuto un costo, pare, di almeno 12 milioni di dollari americani. Diretto dallo statunitense Dean Wright (già responsabile degli effetti speciali de Il Signore degli Anelli e de Le cronache di Narnia) e prodotto dalla Dos Corazones Film diretta a Los Angeles da Juan Pablo Barroso, è interpretato da veri fuoriclasse quali Andy García (l’attore di origine cubana noto per non essere esattamente un estimatore di quel comunismo che gli ha distrutto la patria e costretto la famiglia all’esilio degli Stati Uniti), l’avvenente ex modella statunitense Eva Longoria, il cattolicissimo messicano Eduardo Verástegui e l’intramontabile irlandese Peter O’Toole. E la colonna sonora, avvincente e suggestiva è di James Horner, una specie di Ennio Morricone d’Oltreatlantico che non sbaglia mai un colpo.
Eppure, nonostante un cast eccezionale come questo, e una serie davvero promettente di premesse che annunciavano un successo sicuro anche al botteghino, il film si è bloccato. Mancava clamorosamente qualcuno che si assumesse il compito di distribuirlo nelle sale. E così Cristiada si è trasformato in una specie di spettro da racconto del brivido: tutti ne parlavano, se ne avvertiva qua e là la presenza, qualcuno giurava persino di averlo veduto con i propri occhi, ma tutto restava costantemente sospeso fra verità e leggenda. Così, dopo qualche tempo, su Internet è comparso un “timido” trailer, con alcuni spezzoni del girato. E l’attesa, di fronte a quelle poche ma coinvolgenti immagini, è cresciuta a dismisura.
Ci sono comunque voluti altri lunghi mesi prima che il lungometraggio uscisse da quel suo strano limbo ed entrasse trionfalmente nei teatri del Messico il 20 marzo 2012 e poi degli Stati Uniti il 1° giugno successivo, grazie rispettivamente a 20th Century Fox e ad Arc Entertainment, per poi divenire facilmente acquistabile da tutti in formato DVD. Eppure ancora una volta il pubblico italiano (e in genere quello europeo) è rimasto a bocca asciutta, frenato dalle barriere linguistiche a tratti e per molti davvero insormontabili. Per questo hanno cominciato a diffondersi sul web versioni adattate alla bell’e meglio, sottotitolate e diffuse privatamente attraverso circuiti sostanzialmente amicali. Da ottobre, invece, il film lo potremo finalmente vedere davvero tutti anche in Italia.
Storie verissime
La trama è nota. Durante la rivolta detta dei cristeros (i “cristi-re”, come li canzonavano i sanguinari avversari per via di quel loro uso di combattere e di morire al grido di «¡Viva Cristo Rey!»), allorché tra il 1926 e il 1929 la popolazione cattolica del Messico cercò di scrollarsi definitivamente di dosso il gioco laicista di un governo nazional-social-massonico stabilito attraverso la Costituzione del 1917 e in quel momento incarnato dal despota Plutarco Elías Calles (1877-1945) che li perseguitava con asprezza, un giovane 13enne, José (interpretato da Mauricio Kuri), finisce per affezionarsi a un sacerdote, padre Christopher (Peter O’Toole), finché i governativi non lo uccidono. Quando l’intera popolazione messicana insorge per difendere i preti e i religiosi vessati senza motivo e con raffinata cattiveria, il giovane José decide, con alcuni amichetti, di unirsi alle schiere dei “soldati di Cristo”. Intanto Calles ha concluso un vantaggioso accordo con i suoi vicini “nemici-amici” di sempre, gli Stati Uniti, barattando petrolio per armi: le stesse armi con cui, mentre Washington gira il capo dall’altra parte, il governo messicano reprime spietato gl’insorti. Anche José muore tra i patimenti dopo essersi rifiutato di abiurare la fede in Dio. E alla fine i Federales hanno la meglio, soffocando per sempre la rivolta nel sangue.
Il film, come si sa, è strettamente aderente al vero; oramai la storia della “Crociata messicana” è nota fortunatamente anche in Italia, attraverso serie opere di ricostruzione storiografica. Si sa bene anche dell’appoggio che la Chiesa diede agl’insorti e della recisa condanna che il Papa lanciò contro il governo omicida con diverse encicliche. Ebbene, anche i due eroi protagonisti del film sono personaggi realmente esistiti. Enrique Gorostieta y Velarde (1890-1929), interpretato sullo schermo da Andy García, è un ufficiale a riposo, ateo, che però finisce per entusiasmarsi alla causa dei ribelli, guidandoli in battaglia con maestria e abnegazione fino alla fine, fino a quando cioè cade anche lui martire per quanto “riluttante”. E il giovane volontario José altri non è se non José Sanchez Del Rio (1913-1928), martirizzato come narra la pellicola e per questo beatificato, con altri 12 compagni, da Papa Benedetto XVI il 20 novembre 2005, aggiungendosi in questo modo ai 25 martiri canonizzati il 21 maggio 200 da san Giovanni Paolo II e al padre gesuita Miguel Agustín Pro Juárez (1891-1927). Ma i caduti cattolici messicani, laici e consacrati, furono molti di più, una cifra calcolata tra i 70 e gli 85mila.
Speriamo sia solo l’inizio
Ora, questa straordinaria epopea è oggi appunto piuttosto nota al mondo cattolico, almeno nei suoi contorni generali; ma con tutta evidenza essa merita di essere conosciuta anche dagli altri, così che tutti conoscano sul serio il prezzo pagato dai testimoni della fede nel mondo moderno e inizino a comprendere davvero cos’ha significato difendere con generosità e a ogni costo la verità. Un film intrinsecamente bello e sicuramente appassionante per tutti come Cristiada non può dunque che contribuire sensibilmente a quest’opera doverosa, ed è per questo che la sua comparsa, alla fine, anche sui grandi schermi italiani va salutata con enorme soddisfazione.
Adesso sarebbe peraltro bello e importante che altre pellicole di valore e d’indubbia utilità potessero arrivare, debitamente doppiate, nelle nostre sale cinematografiche. Il pensiero va senz’altro almeno a Un Dios prohibido, con cui nel 2012 il regista spagnolo Pablo Moreno ha narrato la storia vera dei martiri claretiani di Barbastro, uccisi nel 1936 dagli anarco-comunisti durante la Guerra civile spagnola, e a Bajo un manto de estrellas, diretto sempre nel 2012 dallo spagnolo Óscar Parra de Carrizosa, dedicato al sacrificio compiuto in nome della fede, nel 1936, sempre durante quello scontro epocale, dai 19 domenicani del Convento de la Asunción de Calatrava di Almagro.
Ma intanto gli spettatori italiani possono trarre profitto e sana ricreazione con storie magari dure ma sempre colme di speranza autentica quali October Baby (2012, di Andrew e Jon Erwin) sulla storia vera di Gianna Jessen, sopravvisuta all’aborto salino; oppure 11 settembre 1683 (2012, di Renzo Martinelli) sulla battaglia di Vienna che salvò l’Europa cristiana dalle orde musulmane; o ancora There Be Dragons (2011, di Roland Joffe) su san Josemaría Escrivá de Balaguer ancorché occorra accontentarsi dei sottotitolo italiani presenti nei DVD spagnolo o inglese. E perché no Duns Scoto (2010, di Fernando Muraca) a difesa della verità dell’Immacolata Concezione; Fireproof (2008, di Alex Kendrick), la storia vera di come è possibile salvare un matrimonio in crisi tra gesti di grande altruismo; e Bella (2006, di Alejandro Gomez Monteverde), la pellicola contro l’aborto interpretata da Eduardo Verástegui, lo stesso di Cristiada, bello, aitante e devotissimo.
La notizia è ufficiale. L’oramai stranoto film sull’epopea dei cristeros messicani, Cristiada, il kolossal del regista statunitense Dean Wright interpretato da star come Andy García, Eva Longoria, Eduardo Verástegui e Peter O’Toole, è stato finalmente doppiato anche in lingua italiana. Uscirà con grande spolvero nelle sale cinematografiche a metà ottobre, per la precisione il 15. Tutto a posto, allora… No, non proprio.
Il grande problema adesso, proprio mentre noi stiamo scrivendo e voi leggendo, è che da tempo circolano in Italia copie non autorizzate del film, sottotitolate alla bell’e meglio e visionate dal pubblico attraverso circuiti amicali quali parrocchie, centri culturali e affini. Ebbene, questa circolazione parallela non ufficiale è oggi il nemico numero uno del successo di Cristiada in Italia. Vediamo perché, non prima però di avere sottolineato una premessa importante. La circolazione parallela in Italia della pellicola è stata ed è, per quanto non ortodossa, solo l’escamotage che molte brave, anzi bravissime persone hanno adottato per supplire all’indisponibilità nel nostro Paese della pellicola (vedere il film in inglese o in spagnolo resta ancora per moltissimi italiano un problema insormontabile), e questo al semplice scopo di “fare del bene” diffondendo un bel film pieno di contenuti sani: la denuncia della crudele persecuzione dei cattolici messicani, l’impossibilità di non reagire in difesa dei perseguitati, il martirio riconosciuto dalla Chiesa Cattolica di molti dei protagonisti di quell’epopea. Le copie non ufficiali di Cristiada sono sempre infatti circolate e sono sempre state distribuite a titolo totalmente gratuito.
Ciò detto, resta il fatto che il danno prodotto dalla circolazione parallela di copie non autorizzate del film è enorme. Il doppiaggio italiano è stato realizzato dalla Dominus Production, la casa di distribuzione cinematografica fondata e diretta tra Milano e Firenze da Federica Picchi. Per questa impresa la Dominus ha investito una quantità di denaro davvero ingente. Se Cristiada avrà successo anche in Italia, è presumibile che la Dominus possa e voglia investire ancora in pellicole belle, cattoliche, ma proprio per queste snobbate dai grandi canali di distribuzione. Questo però sempre a patto che l’investimento fatto per Cristiada abbia un senso, cioè rientri almeno in parte sul piano economico. E questo sarà possibile solo se il pubblico affluirà abbondante nei cinema; motivo per cui la Dominus ha stretto un importante accordo con uno dei circuiti distributivi più prestigiosi e di qualità del nostro Paese, l’UCI-Cinemas.
Ebbene, esiste un criterio oggettivo per stabilire il successo di pubblico di un film, misurandolo attraverso i suoi introiti al botteghino: contare il numero degl’ingressi staccati dalla biglietteria come per qualsiasi film fa la SIAE, l’ente pubblico preposto alla protezione e all’esercizio dell’intermediazione dei diritti d’autore. Insomma, ufficialmente avranno visto Cristiada solo il numero di persone corrispondenti al quantitativo di biglietti staccati, vidimati e contati dalla SIAE. «In base al numero di spettatori nelle sale cinematografiche», spiega Federica Picchi a La nuova Bussola Quotidiana, «vengono compilate le classifiche di apprezzamento del film e parallelamente l’uscita televisiva. Mettiamo il caso che il film sia stato visionato da 100mila spettatori illegalmente e solo 10mila ufficialmente: ecco, sebbene il film sia stato un successo (cioè visto in totale da più di 100mila spettatori), nelle statistiche esso risulta però un flop perché contano solo i dati della distribuzione ufficiale. Il successo o meno di spettatori decreta anche la presenza o meno nei palinsesti televisivi e la fascia oraria di trasmissione. Inoltre se il produttore non riesce a recuperare i soldi investiti nel progetto, il film si trasforma anche in un flop finanziario, che spinge l’intera catena del cinema (dagli investitori ai distributori) a non investire più su quelle tipologie filmiche ritenute “scomode”». Ovviamente dal 28 maggio scorso, data in cui Dominus Production ha acquisito i diritti esclusivi di distribuzione sul territorio italiano, «qualsiasi utilizzo di quel materiale filmico e qualsiasi proiezione privata o pubblica di versioni non autorizzate dalla Dominus Production (per esempio le versioni “pirata” sottotitolate in italiano) sono considerate illegali e penalmente perseguibili».
È dunque assolutamente importante che la circolazione parallela di Cristiada s’interrompa ora, canalizzando tutto il pubblico interessato nei cinema.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.