Ultima opera dello scienziato e filosofo della politica statunitense (ma oriundo tedesco) Gerhart Niemeyer (1907-1997), Within and Above Ourselves: Essays of Political Analysis è stato pubblicato (Intercollegiate Studies Institute, Wilmington [Delaware]) nel 1996 con introduzione di Marion Montgomery (1934-2002), uno dei grandi letterati “sudisti” del Novecento, studioso raffinato di Eric Voegelin (1901-1985), Flannery O’Connor (1925-1964), T.S. Eliot (1888-1965), Aleksandr Solzenycn (1918-2008). Lo stesso Niemeyer è stato allievo diretto, e quindi interprete attento, di Voegelin.
Quel suo ultimo libro annuncia sin dal titolo le cifre del pensiero del beato Giovanni di Ruysbroeck (1293-1381), mistico fiammingo del secolo XIV secolo di cui Niemeyer scelse parole a prima vista strane per battezzare un volume di analisi politica. “Dentro e sopra di noi”: queste, secondo Niemeyer, sono infatti le coordinate della vera filosofia politica intesa come ratio dell’organizzazione della civitas humana (per dirla con l’“economista dal volto umano” Wilhelm Röpke [1899-1966]). “Dentro di noi”, perché la politica è morale sociale e perché la civiltà si regge sull’intima connessione (non identità stretta) fra ordine interiore e ordine della res publica. “Sopra di noi”, perché l’ordine temporale è preceduto da un ordine spirituale che il primo può assecondare o contestare in radice, originando quindi da una la filosofia conservatrice e dall’altro l’opzione rivoluzionaria, ma mai ignorare.
Niemeyer si riconosceva nella prima, conosciuta, studiata e apprezzata negli Stati Uniti d’America (dove emigrò all’avvento del Terzo Reich). Il suo debito nei confronti di Voegelin è dichiarato. Niemeyer ‒ che a quasi novant’anni si mise a studiare la lingua italiana a Parma, riuscendo in tempo piuttosto breve a padroneggiarla discretamente ‒ è infatti stato uno dei massimi interpreti, analizzatori e continuatori delle speculazioni del grande studioso dello gnosticismo moderno, ai cui insegnamenti egli ha pure saputo unire le sapide lezioni desunte dalla filosofia classica e medioevale, dalla tradizione costituzionale britannica, dal pensiero del citato Solzenicyn e da quello di Albert Camus (1913-1960).
Within and Above Ourselves è una densa e significativa raccolta di saggi che si divide nelle quattro parti in cui la lettura niemeyeriana dell’indagine voegeliniana articola la “distinzione nell’unito” della vera filosofia. La prima prende in considerazione la natura, la storia, la fede e i rapporti che legano fra loro queste diverse realtà; la seconda indaga il quadrinomio Dio e uomo, mondo e società; la terza s’incentra sulle credenze dell’uomo e sulle strutture del suo vivere comunitario; la quarta s’interroga sulla pluralità delle culture e delle ideologie umane, nonché ‒ specularmente ‒ sulle concezioni di ordine che alla disgregazione del relativismo si oppongono con forza. Un vero testamento.
Niemeyer ha svolto per anni attività di analista politico per una serie d’istituzioni private e di organismi ufficiali del governo statunitense, scandagliando nei minimi particolari la mentalità dell’agire comunista ‒ sovietico in particolare ‒ per discernere con chiarezza nell’oscurità delle sue pieghe e dei suoi anfratti quel seme ideologico distintivo che ha fatto del marxismo-leninismo il vertice della Modernità politica. È certamente a uomini come lui che si deve l’atteggiamento “maccartista” e “goldwateriano” di una certa parte degli Stati Uniti ‒ e delle loro Amministrazioni politiche ‒, decisi a non fermarsi al contenimento del nemico sovietico, ma a puntare al suo completo annientamento militare ed economico in quanto (come dirà Ronald W. Reagan [1911-2004] negli anni 1980) «impero del male».
Alle analisi del comunismo «intrinsecamente perverso» (per riprendere una famosa espressione di Papa Pio XI [1857-1939 nell’enciclica Divini Redemptoris, del 1937]), Niemeyer ha dedicato volumi, tempo, sudore e passione nemmeno sognate dalle derisioni della “sindrome di Rambo” nordamericana in cui un po’ tutti, prima o dopo, cadiamo. Per lo studioso tedesco-americano, infatti, la base ultima e fondante della guerra senza quartiere in cui necessariamente l’Occidente doveva impegnarsi contro l’Est è stata di natura etica, filosofica e addirittura teologica. Una sorta di guerra di religione. Dicendo che il “maccartismo” e il “goldwaterismo” sono stati tagliati dal tessuto niemeyeriano non si getta affatto discredito su un pensatore di alto rango quale è stato l’autore di Within and Above Ourselves, ma si conferisce dignità nuova a due fenomeni ‒ epifanie di una “fede” certa ‒ tanto importanti quanto travisati. In Niemeyer, l’intransigenza dell’analisi filosofica si accompagnava a una dolcezza di animo davvero singolare.
Un provincialismo culturale di antica origine ideologica ha per decenni permesso che autori e commentatori di prima grandezza come Gerhart Niemeyer scomparissero senza quasi batter colpo nel nostro Paese. Filosofo dell’Essere e dell’Ordine dalla straordinaria fecondità intellettuale, lo studioso tedesco-americano meriterebbe davvero ‒ anche post mortem ‒ di entrare in dialogo con certi stantii intellettuali di professione di casa nostra.
Niemeyer era un gran cultore dell’opera dello scrittore, critico letterario e apologeta irlandese anglicano C.S. Lewis (1898-1963). Negli Stati Uniti, Niemeyer riscoprì (dopo un abbaglio “socialistico” di gioventù) la fede cristiana e la prese tanto sul serio da diventare diacono (sposato, con figli) della Chiesa episcopaliana. Ricordo ancora benissimo la sera in cui, in un ristorante di cucina tradizionale lombarda, nel cuore della mia Milano, città in cui si trovava per conferenze, Niemeyer mi comunicò, con le gote un poco arrossate, di essersi convertito al cattolicesimo. Aveva 86 anni. Brindammo con dell’ottimo vino.
Marco Respinti
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