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Ecco alcune centinaia di lavoratori del porno (lavoratori del porno!…) e rappresentanti delle associazioni di prostitute (rappresentati delle associazioni di prostitute!..) hanno manifestato a Londra, di fronte a Westminster, il 12 dicembre 2014, contro la nuova legge voluta dal governo di David Cameron, legge che vieta le performance più estreme nei video hard commerciali. A Cameron, infatti, le donne piacciono solamente se preti…
La Chiesa madre della comunione anglicana, la Chiesa d’Inghilterra, si appresta a consacrare, il 26 gennaio, il suo primo vescovo donna. È uno strappo clamoroso, di per sé naturale dopo l’ordinazione al sacerdozio anglicano della prima donna nel 1994, ma comunque dirompente. Con questo gesto, la Chiesa anglicana inglese – meglio: quel che resta della Chiesa Anglicana inglese – rende il solco che la divide dall’ortodossia incolmabile.
Le resistenze sono state infatti forti, ha riportato il quotidiano cattolico italiano Avvenire, e diversi i sinodi in cui la proposta è stata respinta, negli ultimi anni a motivo della contrarietà dei rappresentanti dei laicato anglicano. Solo con l’arrivo del nuovo arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, la situazione si è sbloccata in senso “aperturista”. Il passo è storico per il ruolo della Chiesa d’Inghilterra all’interno dell’orbe anglicano e anche per l’entità dello “strappo” che rappresenta: strappo nei confronti della tradizione apostolica e della storia plurisecolare della stessa Chiesa d’Inghilterra, che complica il dialogo ecumenico soprattutto con la Chiesa cattolica e le Chiese orientali. Il nuovo vescovo si chiama Libby Lane, ed è stata assegnata nella sede di Stockport.
Madre di due figli, 48 anni, Lane ha studiato all’università di Oxford prima di entrare nel seminario di Cranmer Hall, a Durham, ed è sposata con un altro sacerdote anglicano: i due sono stati ordinati insieme. Viva soddisfazione per la sua nomina è stata espressa anche dal premier inglese David Cameron, che da sempre ha caldeggiato questa svolta nel mondo anglicano. Alla faccio del poltiico conservatore…
L’annuncio è stato dato ufficialmente da Downing Street, dopo l’approvazione della regina. Libby Lane sarà consacrata il prossimo 26 gennaio nella Cattedrale di Yor, ma non entrerà nella Camera dei Lord (come spetta di diritto ai vescovi anglicani) perché la sua è una sede episcopale suffraganea, insomma junior.
Annise Parker, sindaco di Houston al suo terzo e ultimo giro, e la “fidanzata” Kathy Hubbard fanno campagna elttorale così. Ecco qui sotto come il settimanale Tempi racconta l’ultima pensata (sconfitta) del sindaco texano (“sindachessa” stona, e poi mi sa che lei s’incapra…)
I sostenitori della libertà religiosa hanno appena ottenuto una vittoria formidabile. La giornata di oggi è una risposta a una preghiera». Così il senatore del Texas Ted Cruz, uno degli esponenti più importanti del Partito repubblicano anche a livello nazionale, ha annunciato ieri su Facebook che il sindaco di Houston Annise Parker, lesbica dichiarata e pasdaran dell’agenda Lgbt, ha deciso di ritirare la citazione in giudizio avanzata due settimane fa nei confronti di cinque pastori cristiani, un mandato che li avrebbe costretti a consegnare e a fare esaminare dagli avvocati della città tutte le prediche e le altre comunicazioni in cui si siano occupati di omosessualità, di identità di genere o dello stesso sindaco Parker.
LA RAPPRESAGLIA
Come ha già scritto tempi.it in questo articolo, la mossa del Comune è stata intrapresa nell’ambito di una causa legale contro la Equal Rights Ordinance, la legge bandiera della Parker, molto contestata per via di alcune misure estreme come l’obbligo per le aziende aperte al pubblico di lasciare utilizzare alle persone indifferentemente i bagni dei maschi o delle femmine, a seconda della loro “identità di genere”. Perciò la “minaccia” di utilizzare le prediche dei pastori in tribunale contro di loro è apparsa subito come una forma di rappresaglia contro l’opposizione. La notizia però ha scatenato una polemica infuocata in Texas e in tutti gli Stati Uniti, si sono moltiplicate sui media le denunce di questo «attacco inaudito alla libertà religiosa» e così la prima cittadina di Houston ha deciso di tornare sui propri passi (non senza prima cercare inutilmente di prendere le distanze dalla decisione senza precedenti).
«UN MESSAGGIO FORTE»
Il senatore Cruz è stato uno dei politici più attivi nella mobilitazione contro la Parker. «Insieme – esulta adesso su Facebbok – migliaia di persone si sono sollevate e hanno detto alla città di ritirare quel mandato. Gli americani hanno difeso il nostro diritto di professare la fede liberamente e senza paura di una intimidazione del governo, inviando un messaggio così alto e forte e che la città di Houston non ha potuto ignorarlo. (…) Plaudo al coraggio dei pastori che hanno fatto sentire la propria voce, attirando l’attenzione della nazione sugli attacchi in corso contro le persone di fede».
Esiste un “vegetarismo” radicale che discende da una visione del mondo iperecologista e superambientalista.
È quella che sostanzialmente concepsice la “natura selvaggia” come superiore all’essere umano, il quale è considerato solo un “disturbatore” della “quiete pubblica” animale, uno “stupratore” della “natura incontaminata”.
Secoli fa si partì con il mito del “buon selvaggio”, ma poi si è andati oltre: l’uomo infatti non è puù “buono” nemmeno se “selvaggio” perché è la “cattiveria” della “selvaggina” l’unica ada avere diritto di di cittadinanza sul pianeta Terra.
Gli uomini sono dunque solo dei lucidi killer e degi spietati virus incontrollati che sporcano, spaccano, distruggono e ammazzano.
La punta più radicale di questa ideologia sono oggi i cosidetti “vegani”.
Il 1° novembre a Londa è andata in scena una loro pantomima tetarale, il World Vegan Day: qualche decina di attivisti nudi e seminudi si è geattata a terra ricoperta di finto sangue per svelare al mondo il “crimine dei crimini”: ogni anno vengono uccisi un miliardo di animali (cifrfe loro) “solo” per dar da mangiare agli uomini. E così, mentre sulla Terra milioni di bambini muoriono di fame, milioni di bambini vengono uccisi ancora nel ventre materno, milioni di embrioni umani vengono distrutti dinsinvoltamente e l’eutanasia, compresa quella sui bambini, fa strada ovunque, ci troviamo cinconfati da gente che non ha nulla di meglio da farev che protestare contro il mio filetto di manzo e la vostra chianina IGP. Il 1° novembre è il giorni di Ognissanti, ma a Londra è stato trasformato in uno scempio dell’intelligenza umana in nome di un animalismo-ambientalismo iper-radicale che suscita ribrezzo intellettuale, orrore culturale e paura spirituale.
Certo, è una follia pura e semplice. Però sta prendendo piede, più di quanto si pensi. Per questo abbiamo deciso di proporre questa notizia e le sue immagini, rigorosamente dopo avere mostrato le foto di Londra a mio figlio 12enne, già vessato da una maestra vegana, e avere raccolto il suo (colirato) giudizio, nonché il suo forte consiglio a diffondere la cosa “a tutti affinché sappiano”. Evangelicamente convinto che dobbiamo tornare tutti come bambini, mi porto avanti imitando mio figlio, sanamente istintivo e ancora puro.
Non meriterebbe un rigo se non fosse che è finita su MicroMega (il periodico radical-chic della Sinistra intellettualoide e illuministicamente arrabbiata), immancabilmente poi ripresa da l’Espresso (il settimanale della Sinistra illuminata che deve a tutti i costi darsi un tono). Si chiama Valentina Nappi, fa la pornoattrice perché (come dice un amico e collega) per essere star dovrebbe se non altro non essere una qualsiasi (lei comunque usa tutta un’altra job description) e da qualche tempo la portano in giro per talk-show e kermesse perché, oltre che arredare, parla. Sì, c’è da non crederci, ma oltre a tutto parla. Certo, non è forbitissima, le inflessioni dialettali si vedono a occhio nudo come le smagliature, pure l’eloquio è quello che è, ma Valentina Nappi parla. E persino discetta persino; anzi , insegna. Cosa? Filosofia, che diamine. Come bene dice lei , si tratta per l’appunto di “pornosofia”. Sì, perché, come diceva lo scrittore cattolico francese Paul Bourget, «se non vivi come pensi, finirai col pensare come vivi».
Dunque la pornostar Nappi questo fa, pornofilosofeggia. Per questo piace (cioè piace anche per questo). Perché predica. Cosa? Molte cose, ovviamente. Il caposaldo del suo sistema epistemologico è la banalizzazione del sesso: buttato sul ridere, consunto, usurato. Da lì discende il resto, per esempio l’apologia dell’aborto. Non è una novità? Vero. Ma Paul Bourget aveva ragiona da vendere, e così anche la pornoattrice mostra di pensare la vita esattamente come la vive. Su MicroMega e l’Espresso ci è finita per questo. E anche alla Festa de l’Unità di Napoli.
Ed ecco quindi che, invece che dal pulpito, i sermoni la gente dovrebbe ridursi ad ascoltarli da tipi come lei, che stando a MicroMega e l’espresso sarebbe una che fa lo stesso mestiere di Platone e Aristoele, Avicenna e Immanuel Kant. Lei che in un video famoso dice cose così: «In un mondo che si fa sempre più competitivo, ogni nuovo bambino che nasce merita genitori culturalmente, socialmente ed economicamente all’altezza del loro compito. Se sei “alla buona”, ignorante, non hai doti particolari e non sei più bravo della media in ciò di cui ti occupi, PENSACI: meglio che tu ti faccia STERILIZZARE. E, come ultima possibile linea d’azione, meglio l’aborto». Oppure che in un altro spot (sempre famoso in rete ) chiede con veemenza che gli obiettori di coscienza che quotidianamente salvano vite umane innocenti dallo scempio dell’aborto vengano quanto prima espulsi dagli ospedali pubblici perché «servi del Vaticano». Valentina è insomma una che ama pornacchiare in pace e filosofare di conseguenza. Come un mucchio di gente oggi. Sì, non meriterebbe un rigo, Valentina Nappi, se non fosse che è finita su MicroMega, immancabilmente poi ripresa da l’Espresso, armi di istruzione di massa…
PS Non ci sono più le baiadere di una volta, quelle come Catwoman in The Dark Knight Rises che, a chi le dà della «stupida puttana», lei rompe il grugno rispondendo piccata «nessuno mi ha mai dato della stupida…»
Bla, bla bla, e ancora bla. Questo è il sunto fedele dell’articolo firmato sul sito di Panorama da tal Daniela Minerva (quei parvenu che ancora non la conoscono clicchino alla voce «Chi sono» del suddetto sito per imparare su di lei un po’ di cose in una schedina che si conclude degnamente così: «Ed è dalla poltroncina di rattan di fronte alla mimosa e agli agapantus che conto di curare questo spazio multimediale»).
L’argomento, ovvio, è il Sinodo straordinario sulla famiglia. Perché oggi di questo si parla, di questo parlano tutti, su questo tutti hanno un’opinione, almeno una cosina di dire, un pensierino originale, un consiglio non richiesto, una impossibile riforma da proporre. Fino a ieri la famiglia non era un tema per nessuno, il divorzio un bel diritto acquisito e la Comunione una pratica dimenticata, ma da oggi invece è tutto scoop. E così, appunto, ognuno discetta, infioretta, balbetta.
Massimo Cacciari ha appena proposto di portare il discorso sull’eutanasia (?), adesso la suddetta Minerva tira in ballo le donne (?). E così, dopo dell’ironia che non fa ridere e del vituperio gratuito al Pontefice che fa arrabbiare, la Minerva chiude quel suo fantasmagorico pezzo con questo paragrafetto: «Non vogliamo parlare di sesso, di libertà di vivere senza matrimonio, di divorzio. Per le donne oggi quelli sono temi vecchi, che una Chiesa nuova dovrebbe derubricare senza paura, e forse questo Sinodo ci arriverà. Per dirla con le parole della teologa Marinella Perroni, il rischio è che il nostro modello resti per sempre Maria, madre, vergine e obbediente. Mentre là fuori, in cerca di pace e di Dio, ci sono tante donne non madri, non vergini e con nessuna voglia di obbedire».
Sì, avete letto bene: «il rischio è che il nostro modello resti per sempre Maria, madre, vergine e obbediente». Parola nientemeno che di teologa, se non altro a dar retta alla Minerva. Teologa, dunque. Teologa chi? Marinella Perroni. Marinella chi? Cerchiamo la Perroni e velocemente la troviamo sul sito del CTI, che non è un club di automobilisti per turismo, ma nientemeno che il Coordinamento Teologhe Italiane. In questo gineceo della speculazione più funambolica ella figura come docente di Nuovo Testamento nel Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, dove è professore straordinario. Straordinario. «Il rischio è che il nostro modello resti per sempre Maria, madre, vergine e obbediente». Davvero straordinario.
A Stoccolma, dove ha sede l’unico vescovo cattolico di Svezia, dal 2007 il vescovo luterano è Eva Brunne, donna (non la prima a ricoprire quell’incarico) e lesbica militante (la prima a ricoprire quell’incarico), la quale, con mitria e pastorale, è il primo “vescovo” svedese a figurare nel registro civile delle unioni omosessuali essendo “sposata” dal 2001 con Gunilla Lindén, un’altra donna-prete che veste in clergyman, anzi clergywoman. Nel 2006 la loro unione è stata benedetta ufficialmente dalla Chiesa di Svezia e oggi la coppia ha pure un figlio.
Si chiama Alessandra Angeli, ma in arte è già «Angelina per tutti, la make-up artist “cattiva” per definizione». Fa la truccatrice, insomma, e il trucco è che partecipa a Pechino Express 3 il reality-show “di viaggio” trasmesso da mamma Rai. Sguainando banalità che già nel tardo Ottocento sapevano di muffa (ma si vede chi l’email non le è arrivata), Chiara Maffioletti scrive ammirata, e col neretto, sul CorSera web che “Angelina” «non è solo un nuovo volto televisivo ma rappresenta un passo avanti, un segnale di progressismo tutt’altro che scontato». Si domanda «Perché?», con l’originalità di un prodotto in serie pure si risponde «Perché è nata biologicamente maschio e si è sempre riconosciuta donna» e noi, con la medesima retorica fritta e rifritta, ci chiediamo “Tutto qui?”. No, perché l’arma letale nascosta di “Angelina” sta nel fatto che «questo, nel reality di Rai2, non è stato mai usato». «Sagace», sillaberebbe ammiccando Claudio Bisio in un noto spot tivù… Insomma: uno è omosessuale e quindi trans; la cosa si vede lontano un miglio; questo tipo va in tivù; ma, in un mondo in cui fare coming out è diventato tanto plebeo che lo fanno tutti anche per foto e soldi, l’originalità del programma pilotato del nobile Costantino della Gherardesca è quella di lasciar cadere la mano molle di annoiata graziosità dal triclinium mentre sono gli altri a sbatterti. In pagina. Da sbigottire per l’ardire della sottile e arguta contro-tattica. Che “Angelina” dettaglia nel corso dell’ampia succitata intervista dove (a volte tornano, anche i neretti) «per la prima volta, qui, si racconta la sua storia, nella speranza che alcuni messaggi possano almeno spingere a riflettere un po’». Sembrerebbe il ritorno in diretta di Tito Stagno che, finalmente ritrovati con Ruggero Orlando i sensi di una concordia a lungo agognata dai fan, rivela al mondo che sì, fino a oggi vi abbiamo gabbati ma aveva ragione Bill Kaysing perché sulla Luna non ci siamo mai andati. Sembra dal rullare di tamburi, ma è invece è la solita minestra.
«Ho iniziato a truccarmi da piccola, bagnando le punte dei Caran d’Ache acquarellabili», dice lei e caspita dico io. «La mia transizione è iniziata però a 17 anni, in una città come Verona, non facile perché piccolina, ricca, molto cattolica e ideologicamente molto di destra». Che mondo schifoso, pensare che c’è gente che invece se la spassa lavorando in miniera. «Se non ho avuto problemi è perché ho un carattere molto forte». “Angelina” ha insomma gli attributi; operazioni per cambiare sesso, infatti, niente. Quindi (ho cercato sul web ma il web mi si nega) dovrebbe a rigore di cose chiamarsi Alessandro Angeli. Di cose nell’intervista ne dice tante. Così tante che nel mucchio alcune sono persino di buone senso. Alcune. Tipo che «i diritti dobbiamo averli in quanto cittadini, non in quanto transessuali. Perché con la storia degli omosessuali e dei transessuali ci stanno vendendo la teoria secondo cui dobbiamo chiedere dei diritti che in realtà dovremmo già avere, in quanto cittadini e in quanto persone». Perfetto. Quindi dove sta il punto? Chi si batte per evitare che la testa della gente venga ridotta a un mero organo sessuale afferma proprio che, qualunque siano le virtù o i peccati di un tizio o di una tizia, l’irriducibile dignità di ognuno deriva dall’essere persona, non checca, e i diritti pure. Altri non ce ne sono, altri diritti non derivano dal fatto di vestirsi in giacca e cravatta o di lavorare in perizoma e autoreggenti. Solo che la gente che la pensa così la gente come Vladimir Luxuria la graffia. Forse è per questo che “Angelina” s’incazza e dice che «la transessualità o l’omosessualità non sono opportunità lavorative»; forse è per questo che su Panorama “Angelina” chiama Luxuria “populista” e “cerchiobottista”.
Il buon senso di “Angelina” comunque finisce qui. Tra le perle per cui sbellicarsi, la migliore è questa: «Ci sono persone che si operano perché si vogliono vedere nello specchio come si sono sempre sentiti ma c’è anche chi lo fa in risposta alla forte pressione sociale insita nella legge 164 dell’82, una legge molto vecchia. Un documento dovrebbe registrare il genere a cui ambisci: dovrebbe dipendere da quello, non dal fatto che ti operi o meno. Ci sono Paesi, come la Germania, che lo fanno: dopo un anno di test del sesso nel genere di arrivo ti danno i documenti femminili senza che tu ti operi. Questo permette di arrivare alla eventuale scelta di farlo in modo sereno, senza avere pressioni sociali. La trovo una cosa molto civile». Appena finito di spanciarmi ho però capito perché la Rai manda dei trans camuffati da etero a svernare nel Sud-est asiatico a spese del mio canone. La Rai è lo Stato, lo Stato è quello che è e coi miei soldi “Angelina” propone la maggiore riforma dello Stato che mai sia stata partorita da tweet di governo, il fai-da-te. Maschio bella presenza desidera farsi castano con occhi bruni poiché stanco di non riuscire ad abbinare il paltò agl’iridi celesti e alla frangetta bionda? Basta il pensiero. Idem col sesso. Fai-da-te. Cioè pugnette. Fantasia al potere 2.0: non più “io sono Dio” ma “la mia mamma è un uomo”. Basta scriverlo su uno chiffon de papier e pagare una marca da bollo, checcevò. La chiusa vera la merita però ancora “Angelina”: «Se un bambino ha una coppia di genitori omosessuali, con la cultura vagamente fascista che c’è adesso, a scuola diventerebbe subito “il figlio dei froci”».
Marco Respinti
Pubblicato con il titolo Angelina il trans, la noia del già visto e il mio canone Rai
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord, Milano 3-10-2014
Non sono una couple (coppia) bensì una “throuple” (intraducibile) perché sono tre. Tutte donne, ovviamente lesbiche, “sposate”. Fra loro. Si chiamano Doll, Kitten e Brynn; 30 anni la prima, 27 la seconda, 34 la terza. Di cognome fanno tutte Young, visto che sono una “famiglia”. E visto che sono una “famiglia”, adesso aspettano pure un figlio. Delle tre, quella incinta è Kitten, e lo è per essersi sottoposta a fecondazione eterologa mediante inseminazione da un donatore anonimo. Il parto è previsto a luglio. Ma siccome nel trio vige il femminismo e l’egualitarismo più assoluto, i piani per il futuro contemplano altra prole, fino a un totale di tre. Un figlio per ciascuna. Ci scherzano sopra dicendo che il numero dei loro eredi non dovrà mai superare quello dei “genitori”. Una delle idee cui stanno pensando è che sia comunque sempre Kitten, anche in futuro, a condurre le gravidanze, usando cellule uovo prelevate dalle sue due “mogli” da unire ad altro seme maschile anonimo; assicurano però che sono al vaglio pure altre soluzioni. Della “famiglia” Young circola in rete anche un video. È il primo caso al mondo di poligamia di fatto legalizzata in uno Stato di diritto occidentale.
Accade infatti nel Massachusetts, e il ménage delle tre è scrupolosamente sorvegliato da un avvocato, specializzato in diritto di famiglia… Brynn e Kitten sono “sposate”, “regolarmente” secondo quanto consente la legge del Massachusetts, il primo Stato dell’Unione americana ad avere approvato, il 17 maggio 2004, le “nozze” fra persone dello stesso sesso. Doll è contemporaneamente unita a loro attraverso l’altrettanto lì legale handfasting (letteralmente “legare le mani”), un rituale “neopagano” riconosciuto civilmente in diversi Paesi del mondo e di cui sul web girano diversi “manuali”.
L’aggettivo “neopagano” fa però riferimento alla neostregoneria odierna della famosa Wicca, influenzata da certo New Age, e non a un ricupero archeologico di usanze precristiane. Quando il vero handfasting si diffuse nelle isole britanniche, il paganesimo era già tramontato e la cerimonia pienamente cristiana, restando ovviamente cristiana sino all’epoca moderna allorché cadde in disuso. Si trattava di una promessa solenne di matrimonio introdotta per impegnare stabilmente le coppie in un tempo e in luoghi in cui occorreva aspettare molto prima di disporre di un sacerdote. Poi si trasformò in un equivalente del fidanzamento attuale e talora ‒ per esempio in Scozia ‒ venne a coincidere con la nozze stesse (lo mostra l’inizio del film Braveheart, diretto e interpretato da Mel Gibson nel 1995). È dunque solo nell’invenzione Wicca che la pratica diviene sinonimo di “unione nuziale” non cristiana, intenzionalmente alternativa al sacramento amministrato dalla Chiesa, dunque utilizzato proprio per “sdoganare” facilmente unioni omosessuali e poligamiche. Del resto, non è affatto necessario essere “credenti” Wicca per chiedere un handfasting “neopagano”. Un certo successo pop l’handfasting lo ha avuto nel 1991 con il film The Doors di Oliver Stone, dove viene ricostruita la cerimonia con cui, nel 1970, il cantante e leader di quel gruppo rock, Jim Morrison (1943-1971), si legò alla giornalista Patricia Kennealy, che nel film recita interpreta la sacerdotessa Wicca allora officiante.
Il rituale dell’handfasting ha infatti il vantaggio di non essere esclusivo e quindi di poter essere associato, in contemporanea, a qualunque altra cerimonia nuziale (a patto di trovare un officiante che sia disposto a farlo), per esempio i “matrimoni” omosessuali riconosciuti dalla legge del Massachusetts. Non è infatti la concomitanza dei due rito a determinare la legalità e meno di nozze o “matrimoni” omosessuali di per sé riconosciuti dalla legge. Come dice la “famiglia” Young, «abbiamo […] dovuto lavorare con le provvisioni legali dello Stato. Siccome essere sposati a più di una persona non è ancora legale, abbiamo dovuto combinare l’handfasting, certi documenti giuridicamente vincolanti e il matrimonio riconosciuto dalla legge onde ottenere un assetto finale in cui tutte e tre ci sentissimo uguali». Insomma, tanto pariteticamente sposate l’una all’altra quanto è legalmente possibile. Tra l’altro, dal dicembre 2013 negli Stati Uniti la poligamia è considerata legale per effetto di una sentenza di un tribunale federale dello Stato dello Utah che dunque costituisce un precedente giurisprudenziale valido su tutto il territorio nazionale. L’unico limite è che le cerimonie religiose poligame non hanno (per ora) valore civile, ma la loro celebrazione e la coabitazione fra gli “sposati” sono legali.
Del resto, proprio alla liberalizzazione totale della poligamia mirano le tre donne. Brynn e Doll sottolineano infatti di avere avuto relazioni omosessuali “plurali” sin dai tempi del liceo e quindi di avere positivamente cercato una terza partner stabile una volta deciso per le “nozze”. Il termine tecnico è il neologismo “poliamore”, vale a dire l’avere contemporaneamente più relazioni affettive e/o sessuali (attenzione, perché adesso viene il “bello”…) “oneste” e condotte “in modo etico”. Kitten e Doll si dichiarono “pagane”. Brynn, che si dice agnostica e che ha due “matrimoni” lesbici falliti alle spalle, dice di avere capito che la monogamia non fa per lei e sostiene che «noi tre siamo state tanto coraggiose da sostenere la nostra scelta andando contro ciò che la società chiama normale […] Forse Doll, Kitten e io non siamo la norma, ma siamo perfettamente normali».
Le tre si sono “sposate” a Lincoln, Massachusetts, il 4 agosto 2013, davanti a un celebrante “pagano” con in tasca un permesso giornaliero emesso da un giudice di pace. Si sono presentate tutte e tre con l’abito bianco, tutte e tre sono state accompagnate all’“altare” dai propri padri, la loro torta “nuziale” scintillava nei colori dell’arcobaleno simbolo del mondo LGBT e al momento fatidico si sono scambiate “fedi” alla moda. Giurano che una quarta “moglie” non ci sarà. Ogni altro commento è davvero superfluo. Resta solo lo spazio di un pensiero accorato per la creatura che Kitten porta in grembo.
Marco Respinti
Pubblicato con il titolo Throuple, la poligamia è ammessa se lesbica
in La nuova Bussola Quotidiana, Milano 09-05-2014
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