C’è un mondo piatto discoidale che, retto da quattro elefanti-pilastri in equilibrio sul carapace di una tartaruga mastodontica chiamata A’Tuin, fluttua negli spazi siderali. Vi si svolgono vite e amori, avventure e drammi, ma soprattutto si sorride. Nell’universo della letteratura fantastica, inflazionato quasi per definizione, il “Mondo Disco” creato da Terry Pratchett (1948-2015) si è ritagliato uno spazio intelligente cavalcando l’insolito (per questo genere) tema dell’umorismo. Tutto cominciò nel 1983 con Il popolo del tappeto, il primo romanzo di questo ciclo (ma non il primo in assoluto dello scrittore), ed è proseguito arrivando a quota 41 libri suddivisi in varie saghe. L’ultimo, The Shepherd’s Crown, è stato pubblicato nel 2015 sei mesi dopo la sua morte. Ma è stata un’eccezione, perché nulla di ciò che “Pterry” (com’era noto agli aficionados) ha lasciato incompiuto vedrà più la luce.
A esigerlo è stato lo scrittore stesso prima di soccombere 66enne all’Alzheimer e così, spiega ora The Guardian, è stato. Settimana scorsa i suoi inediti sono stati distrutti con l’hard-drive che ancora li conteneva da uno schiacciasassi vintage della John Fowler & Co, soprannominato (con gusto un po’ apocalittico) Lord Jericho, durante la Great Dorset Steam Fair al villaggio di Tarrant Hinton, in Inghilterra, una grandiosa kermesse un po’ steampunk che dal 1969 sfoggia motori e veicoli a vapore di ogni fatta. I resti del computer distrutto finiranno alla mostra Terry Pratchett: His World che si apre il 16 settembre nel Museo di Salisbury. Un fine-carriera originale, non c’è che dire, che per contrasto richiama alla mente J.R.R. Tolkien. Con lui è andata infatti al contrario. I suoi scritti postumi sono un fiume in piena. Occasione ghiotta, allora, per un confronto a distanza tra i due scrittori inglesi.
Impedendo a chiunque di mettere mano alla propria produzione incompiuta, Pratchett non ha voluto primariamente evitare le speculazioni: quelle si possono fare sempre, e peraltro il suo “Mondo Disco” esiste anche sotto forma di giochi, videogiochi, libri-quiz, riduzioni tivù e cinematografiche, gadget vari. Piuttosto ha voluto bloccare ogni tentativo di scavare dentro la propria creazione fantastica.
Tolkien, al contrario, ha sempre voluto scrivere un solo, unico libro, e per di più aperto. L’idea gli si è chiarita strada facendo, certo, ma è stato lui a lasciar detto di volere anzitutto creare un ordito cosmogonico ed epico a cui sperava che un giorno altri avrebbero contribuito attraverso l’invenzione di miti, leggende e fiabe ulteriori.
Ora, ogni scrittore è il dio della propria creazione letteraria, sapendo abbracciarla tutta e in ogni sua parte in un divenire sempre presente. Ma il testamento dell’uno ci dice che il dio di “Mondo Disco” muore per sempre assieme a Pratchett, mentre il lascito di Tolkien testimonia che il dio della “Terra di Mezzo” è imperituro. Due poetiche e persino due teologie differenti, forse persino contrapposte.
Pratchett ha comunque dei precedenti illustri. Per umiltà, in punto di morte san Tommaso d’Aquino ordinò di bruciare tutto quanto aveva scritto al suo segretario che per fortuna disubbidì. Poi c’è il grande poeta e drammaturgo T. S. Eliot. Nel 1934, per i tipi della “sua” Faber & Faber, pubblicò con il titolo After Strange Gods: A Primer of Modern Heresy una raccolta di conferenze svolte l’anno precedente nell’Università della Virginia a Charlottesville. Testi profondi, anche difficili di argomento letterario e filosofico. Gli scappò una boutade sugli ebrei e finì subito sotto il maglio feroce della critica che non vedeva l’ora di bollare di antisemitismo un conservatore reazionario come lui. Eliot ci rimase di sale, soprattutto perché così si finiva per non prestare la minima attenzione a quei suoi ragionamenti seri cui tanto teneva. Diede quindi ordine di non ripubblicare mai più quel testo, che la critica intelligente ritiene prezioso, finché fosse stato in vita. Eliot se n’è andato nel 1965 seguito nel 2012 dalla moglie Valerie, ferrea esecutrice anche post mortem del comando impartito dal marito, eppure After Strange Gods giace ancora solo nelle biblioteche.
Marco Respinti
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato
con il titolo Il creatore del “Mondo Disco” che non volle finire come Tolkien
in Libero [Libero quotidiano], anno LII, n. 239, Milano 31-08-2017, p. 23
[Post scriptum: Pratchett, malato, aveva finito per diventare un avvocato del suicidio assistito, tenendo anche conferenze pubbliche sull’argomento. Il che conferma la sua “teologia letteraria”: non solo il dio del “Mondo Disco” deve morire, ma esce di scena uccidendosi. “Lord Jericho” è stato lo strumento di un “suicidio letterario assistito”. Nonostante le magliette di “Pterry”, invece, Tolkien vive sereno.]
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