Mr. John Philips di professione fa l’ambasciatore (degli Stati Uniti in Italia). Per definizione è quindi un ospite. Un ospite di lusso, di quelli ben vestiti e impomatati, che tengono compagnia, fanno un figurone ai gala e non stonano in società. Un piacere, insomma, averlo attorno coi suoi bei modi. Un ospite è infatti un signore che viene invitato in casa di altri e che per lo meno ha la buona creanza di non dire alla padrona di casa che il pesce a cena era terribile. Ingolla, sorride ed è pronto per il prossimo invito: di mestiere fa questo, e di vocazione pure. Immaginiamoci, infatti, se l’ambasciatore italiano negli Stati Uniti dicesse a Michelle Obama che le sue campagne salutiste contro l’obesità sono roba da Ric e Gian oppure a uno dei due candidati ora in corsa per la Casa Bianca che farebbe meglio a darsi all’ippica. A un ambasciatore così verrebbe subito ritirata la licenza per fare la carta da parati ai ricevimenti.
Perché allora Mr. John Philips ambasciatore dice che il referendum costituzionale italiano tanto voluto da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi «offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori»? Dov’era Mr. John Philips ambasciatore il giorno che alla scuola per diplomatici insegnavano equilibrismo, l’arte perfetta di colui che sbarca il lunario non portando mai pena? E il giorno che c’era laboratorio di cerchiobottismo? Gli ambasciatori sono uomini per tutte le stagioni. Sponsorizzano il proprio Paese right or wrong. Non giudicano mai e non criticano nemmeno. Bordeggiano, galleggiano, temporeggiano. Hanno abolito il “sì” e il “no” dal vocabolario. Pronunciano solo frasi come “Temo che questo non sia al momento possibile” e “Il mio governo non lo riterrebbe opportuno”. Arrivano sempre per ultimi con tempismo studiato. Dopo che gli altri hanno fatto e brigato, loro diffondono una nota, s’indignano su carta, esprimono biasimo da un lato, vicinanza dall’altro e cordoglio nel mezzo. Plaudono di qui e stigmatizzano di là come vuole la voce del padrone. Tirano qualche orecchio e sempre i piedi. Perché allora Mr. John Philips ambasciatore dice che il referendum costituzionale italiano tanto voluto da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi «offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori»? Perché Mr. John Philips ospite in Italia ficcanasa nella politica italiana? Perché interviene, giudica e si squilibra? Glielo ha chiesto qualcuno? Rientra nei suoi compiti?
Il suo parere falsamente solo tecnico, disinteressato e freddo è tra l’altro una barzelletta. Perché mai l’Italia dovrebbe essere più instabile qualora la riforma costituzionale di Renzi venisse bocciata? Cosa c’entra la stabilità del Paese con il tentativo di Renzi di stravolgere la carta costituzionale italiana per intronizzarsi uomo solo al comando di un solo partito e di una sola Camera parlamentare? Forse che Mr. John Philips ambasciatore pensi che la sospensione della democrazia sia cioè che gl’investitori aspettano per aprire il portafogli? Fosse così, sarebbero già tutti qui da tempo.
Perché mai una riforma della Costituzione promossa dal premier a colpi di maggioranza e imposta allo stesso suo partito, una riforma che riduce il Senato a un luogo di passaggio per consiglieri regionali e sindaci senza poteri e che si accompagna a una riforma della legge elettorale, l’Italicum, che attribuisce al partito che vincesse le elezioni un premio di maggioranza del 55% dei seggi nella Camera dei deputati, dovrebbe attirare gl’investitori? Per nessun motivo plausibile. Suvvia, dunque, Mr. John Philips ambasciatore torni a comportarsi da ospite gradito.
Marco Respinti
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