Ovvio, la Repubblica ci ha fatto il titolone di prima pagina a quattro colonne. Che cosa ci sia però da frinire di piacere proprio non si capisce. Se mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, dice virgolettato «Migranti, accogliere tutti» c’è piuttosto da piangere. Intendiamoci, mons. Galantino fa il suo mestiere: esorta alla carità che è non è mai troppa, richiama all’accoglienza che è un principio giustissimo, ricorda che c’è un mucchio di gente che scappa da pericoli che lasciamo volentieri sempre agli altri, sottolinea il bene che la Chiesa italiana fa rimboccandosi le mani per prima mentre tutt’intorno i giornaloni e i giornalistoni spippolano l’ultimo scandalo ecclesiastico vero o presunto che sia. Ma accidempoli il buon senso comune.
«Migranti, accogliere tutti». Siamo alla vigilia di elezioni amministrative. Immaginativi uno che si candida sindaco. Anche se non è un trinariciuto da caricatura tivù di quelli che affonderebbe i barconi con gl’immigrati dentro cosa dovrebbe dire dal palco del prossimo comizio? Mettiamo il caso che tutti quelli che arrivano sui barconi in Italia siano degli stinchi di santo. Se lo meritano, non abbiamo prove per dire il contrario, quindi supponiamolo in piena serenità. Li accogliamo tutti? Dove li mettiamo? Per strada a fare gli homeless con moglie e figli a carico? A barbonare per le vie del centro? Oppure in parrocchia e in canonica? Certo, li ne accolgono già moltissimi, chapeau a Santa Romana Chiesa; ma quando finiscono i posti? E poi chi li mantiene? Le strutture ecclesiastiche, le charity, i Comuni, le nostre tasse, benone. Ma a un certo punto i fondi finiscono e mi par di capire passeggiando per strada che più di così gl’italiani-limoni non si possono spremere.
«Migranti, accogliere tutti» è il cuore gettato oltre l’ostacolo, onore al merito. Quando la casa brucia occorre chiamare i pompieri, il resto dopo. Ma per evitare che la brace covante sotto la cenere divampi in fiamme ancora più alte bisogna lavorare di cervello e non solo di cuore. In politica, per esempio questo è un must. Non pensare a tutte le implicazioni del «Migranti, accogliere tutti» non va bene. Aristotele la chiama phronesis, è la ragion pratica che ci fa dire “saggezza” e nutre la prima virtù della politica: la prudenza. Edmund Burke (1729-1797) ci ha ricamato sopra una lunga carriera parlamentare e il filosofo cattolico tedesco Josef Pieper (1904-1997) un libriccino imperdibile. San Tommaso d’Aquino ha preso dal filosofo ebreo egiziano Isaac Israeli ben Salomon (832/855-932/955) il motto del pensare cattolico quando ha sentenziato «aedequatio rei et intellectus». Se non pensassimo la realtà saremmo dei folli. Se io, padre di famiglia, pretendessi di sfamare i miei figli con le mie fantasticherie da don Chisciotte sempre in pista verrei meno al mio primo dovere di stato e commetterei peccato.
«Migranti, accogliere tutti»? E poi come facciamo con le scuole per i minorenni, il chador e magari il burqa che presso alcuni migranti va di moda, le donne di serie B che ad alcuni migranti piacciono così, la nostra ormai cronica incapacità a essere europei cristiani e quindi a gestire le migrazioni il dì che a qualcuno dei migranti pungesse vaghezza di radicalizzarsi? E con il lavoro che manca perché il preservativo chiamato Jobs Act si è già, dice l’Istat, sgonfiato?
«Migranti, accogliere tutti»: ma siamo sicuri che mons. Galantino lo abbia detto? A parte che sulle quattro colonne della prima de la Repubblica queste parole infatti nell’intervista non ci sono. È da un po’ che al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari piace correggere le parole dei principi della Chiesa Cattolica.
Versione completa e originale dell’articolo pubblicato con il nedesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord,
Milano 2-06-2016
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