L’idiozia al potere, quantomeno mediatico, produce minus habens che si menano l’un l’altro come sordi. Donald Trump si spettina la fulva chioma gridando che i musulmani vanno tutti deportati fuori degli Stati Uniti e – ognuno ha il nemico che si merita – il regista Michael Moore si sganghera la mascella per ripondergli lanciando l’hashtag «Siamo tutti musulmani». Lo scornamento fra il re del mattone cui calza perfettamente una boutade coniata da un quotidiano italiano per un politico italiano, “dice cose intelligenti solo quando ne fanno l’imitazione”, e il cineasta che, come si dice in dialetto, “l’è dree a fa il cinema”, dà il segno del nullismo in cui langue la nostra civiltà. Noi ce la prendiamo qui di petto con il «Siamo tutti musulmani» di Moore perché Trump ha già più nemici che capelli.
Il primo a non credere nemmeno per scherzo al «Siamo tutti musulmani» è proprio Moore. Cos’ha infatti da spartire con l’islam il luogocomunismo liberal di Moore, il suo pensiero bovinamente postmoderno, la sua dozzinalità cittadina, la sua estetica volgare, il suo nichilismo al ketchup? Un bel niente. Niente nell’inferiorità culturale di Moore può confondersi con la “superiorità” della civiltà musulmana, quella che rinchiude le donne dietro le sbarre del burqa, quella che in Arabia Saudita impedisce alla donne persino di guidare, quella che lapida le adultere ma gli adulteri no, quella che le donne le tratta come bestie da soma, quella che ne fa delle puttane per santi combattenti, quella che ne mutila la clitoride, quella che – è il caso dell’Arabia Saudita wahhabita – non riconosce un rigo dei quella Dichiarazione universale dei diritti umani che per gente come Moore è una fede (Roger Scruton la bolla come la “nuova religione” dell’eurocrazia di Bruxelles). Niente nel “pensiero stanco” di Moore assomiglia alla grande civiltà che distrugge Palmira e i patrimoni mesopotamici dell’umanità, quella della leadership illuminata che costringe persone e popoli che stanno letteralmente seduti su oceani di petrolio a vivere in miseria, quella che i gay e le lesbiche arriva anche a condannarli a morte.
Potremmo stupire i troppi Michael Moore che pascolano nei deserti del nostro mondo in disarmo raccontando loro le bellezze della cultura occidentale che attraversa la storia anche caricando a bordo clandestini come loro, ma non servirebbe. Potremmo stupire Moore raccontandogli le meraviglie dell’avanzamento tecnologico, della raffinatezza filosofica, della sottigliezza economica, della sublimità letteraria che da duemilacinquecento anni abbondanti (no, non è un refuso) l’Occidente prima greco-romano poi greco-romano-germanico-cristiano coltiva e diffonde nel mondo, ma non convinceremmo mai la sua filosofia della storia ferma al Kentucky Fried Chicken. Per questo ci basta solo ricordargli che proprio perché non siamo affatto tutti musulmani accade oggi che gente come Donald Trump possa sparare impunemente dabbenaggini e gente come Michael Moore rispondergli pariteticamente, che le femministe e la lobby LGBT possano fare il diavolo a quattro senza finire appesi a una gru, che la clitoride delle donne (Moore dovrebbe saperlo) sta dove il buon Dio ha voluto che stesse, che la gente può pagare il biglietto per vedere filmini a luci rosse cerebrali come Bowling a Columbine, Fahrenheit 9/11, Sicko e Where to Invade Next.
La democrazia è il nostro ventre molle, ma è ciò di cui meniamo vanto ovunque. Facciamo errori, ma è la nostra capacità di dire «facciamo errori» che ci differenzia da qualunque altra cultura. Lo stupidismo in cui viviamo spacca lo sguardo in due metà della stessa mela marcia: il buonismo e il cattivismo. Sono la stessa cosa, e Trump e Moore i suoi profeti. Il buonismo dice che l’islam non c’entra nulla con violenza e terrorismo, il cattivismo dice che tutti i musulmani sono terroristi. L’assurdità del buonismo la dimostrano quei musulmani che pur condannando gli atti violenti non hanno la possibilità di scomunicare i musulmani che li compiono. L’assurdità del cattivismo la dimostra il fatto che nonostante un miliardo e 300 milioni di islamici nel mondo noi, e Trump, e Moore siamo ancora tutti vivi. Il sonno della ragione produce interpretazioni che spaccano la realtà in un derby tra buonisti e cattivisti che finisce sempre e solo zero a zero; le false veglie alla Michael Moore producono infibulazioni contagiose della materia grigia.
Marco Respinti
Versione completa e originale
dell’articolo pubblicato con il titolo
No, Moore, non siamo tutti musulmani
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord,
Milano 21-12-2015
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