No ho l’abitudine di frugare nella posta dei “preti sposati”, ma meno male che c’è Google Alert altrimenti non mi sarei mai accorto che per rispondere piccati al mio articolo Basta con la Chiesa che deve chiedere scusa, pubblicato il 7 ottobre 2015 su l’Intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord, i “preti sposati” hanno emesso nientemeno che un comunicato stampa. Scrivono i “presti sposati”: «Respinti termina il suo articolo visibile online con un Post scriptum: “E nella Chiesa Cattolica quali sarebbero i “preti sposati” di cui parla il don “scusista”?”. Non tarda la reazione dell’associazione dei sacerdoti lavoratori sposati a questo ennesimo attacco gratuito alla giusta causa dei preti sposati e delle loro famiglie: “I preti sposati esistono nella Chiesa Cattolica e sono una grande risorsa. Noi che abbiamo un regolare percorso canonico siamo dentro la Chiesa in attesa che Papa Francesco ci richiami in servizio nelle parrocchie. Esistono nelle parrocchie anche preti sposati con mogli e figli sono i sacerdoti anglicani e protestanti accolti nella chiesa cattolica romana latina con moglie e figli… Esistono poi i sacerdoti sposati cattolici romani di rito orientale”. Don Maggi da anni è impegnato per la causa del rinnovamento della Chiesa». Il titolo del lancio di agenzia afferma che il sottoscritto fa solo confusione, ma è invece Giuseppe Serrone a confondere le regole con le eccezioni, la dottrina con i casi e la Chiesa Cattolica con ciò che cattolico non è.
Gli anglicani e i protestanti di cui parla Serrone sono infatti evidentemente degli ex. Meglio, dei convertiti. Per loro l’infinita misericordia della Chiesa ha studiato percorsi e inquadramenti ad hoc. Sennò sembra che nelle nostre parrocchie celebrino ministri di altri culti.
L’enciclica Sacerdotalis Caelibatus, emanata dal beato Papa Paolo VI (1897-1978) nel 1967, stabilisce che il clero non cattolico sposato, una volta ristabilita la comunione con la Sede Apostolica, possa chiedere al Pontefice di esercitare il ministero, ma la decisione finale, qualunque essa sia, non deve «portare pregiudizio alla vigente disciplina circa il sacro celibato» (n. 42): ovvero «rimane confermata la legge che richiede la scelta libera e perpetua del celibato in coloro che sono ammessi agli ordini sacri». Infatti, così inizia il testo: «il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo» (n.1)
Inoltre, la costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, promulgata nel 2009 da Papa Benedetto XVI per accogliere nella Chiesa Cattolica gli anglicani convertiti, concede sì una deroga al celibato ecclesiastico, ma è evidentissimo che si tratta di una eccezione contemplata per andare incontro a casi concreti specifici. E, ancora una volta, si tratta di sanare la situazione particolare di persone che, quando vengono ammesse al sacerdozio cattolico (in qusto caso perché sacerdoti non cattolci convertiti), sono già sposate: non avvine mai che un ex anglicano celibe ora divenuto sacerdote catticolo abbia il permesso di sposarsi.
Quanto ai cattolici di rito orientale (e non “cattolici romani di rito orientale”), la cosa è un vespaio. Fa comunque testo il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali del 1990 che stabilisce la regola inderogabile (figuriamoci che il principio vale persino per le Chiese ortodosse scismatiche) che prima ci si sposa e solo dopo si viene ordinati prete. Mai viceversa. Pensare che nelle Chiese cattoliche di rito orientale, e financo tra gli scismatici ortodossi, i vescovi possono esser scelti solo tra i monaci che fanno voto di celibato (a eccezione di Slovacchia e Repubblica Ceca a causa di un pasticcio generatosi durante il tempo della clandestinità sotto il regime comunista, sanato attraverso un’altra eccezione). Se insomma il passaggio dalla stato coniugale a quello sacerdotale è stato ammesso nella Chiesa antica (ma bisogna capire bene cosa ciò significa), non è però ammesso ora nella Chiesa cattolica di rito latino. Invece il passaggio dallo stato sacerdotale a quello coniugale non è mai stato ammesso nella Chiesa, né antica, né moderna, e neppure nelle Chiese Ortodosse.
L’infinita misericordia della Chiesa ha studiato percorsi e inquadramenti ad hoc anche per Serrone, spostatosi dopo essere stato ordinato prete, e per chi come lui. Figure che sono una eccezione, problematica. Tanto che non sono mica contenti del Papa. Il Pontefice infatti li delude perché si rifiuta di impiegarli nelle parrocchie. Il perché Serrone lo sa meglio di me. Sta nel Codice di Diritto Canonico (1983), canoni 277 e 1037. Perché i preti sposati sono un’anomalia cui l’infinta misericordia della Chiesa cerca di andare incontro caso per caso (e i casi sono tutti diversi) e fin dove può, mentre per il clero della Chiesa Cattolica la regola è sempre e solo il celibato, come raffinatamente ha una volta in più evidenziato il card. Walter Brandmüller. Non si vorrà mica gettare scandalo e disseminare con fusione nelle parrocchie.
PS Straordinario però come lo strillo di Serrone svii l’attenzione dall’oggetto dell’articolo, lo “scusismo” di don Andrea Maggi che, come a lui, chiede alla Chiesa di essere non-Chiesa.
Marco Respinti
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