Il futuro della Chiesa Cattolica è l’Africa, e il bello è che la Chiesa Cattolica del Continente Nero lo sa benissimo. Basta sfogliare il “manuale” delle sua riscossa, una summula che non fa prigionieri sin dal titolo, “L’Africa, la nuova patria di Cristo”. Pubblicato prima dell’estate in Kenya da Paulines Africa, Christ’s New Homeland – Africa: Contribution to the Synod on the Family by African Pastors uscirà “per tutti” il 28 settembre negli Stati Uniti per i tipi della prestigiosa Ignatius Press di San Francisco, che a Libero ha permesso di vederlo in anteprima e di restarne colpiti. Non vi è ombra, infatti, di “ecclesialese”, buonismo o ammiccamento, ma nemmeno di quell’antipatia da primi della classe tipica di certa “destra cattolica”. I dieci saggi di Christ’s New Homeland dicono le cose semplicemente come per la Chiesa stanno, ribadiscono le cose che da sempre per la Chiesa rimangono uguali e ripetono le cose che per la Chiesa sono invece sbagliate e sbagliate restano. Inutile chiedere altro alla Chiesa; se non la si condivide, amen: ma non si può certo domandarle di cambiare mestiere. La forza della Chiesa africana è questa; Chiesa “giovane”, può permettersi il lusso di essere candida ma agguerrita quanto basta a ignorare le curie-talk show.
Il pomo della discordia? Ovviamente il più pruriginoso e pettegolo di tutti: famiglia, matrimonio, sesso, più gli annessi e i connessi. È qui che la ragione dice una cosa e l’istinto un’altra, è qui che anche i migliori cadono ed è quindi qui che i maliziosi imbrogliano. Anche all’interno della Chiesa la linea di demarcazione tra ortodossia ed eresia corre oggi sotto le lenzuola, ma la posta in gioco è tutt’altro che il gossip. Da una parte sta la dottrina che guarda alla natura creata da Dio come a un limite strutturalmente invalicabile, dall’altra un esercito caciarone di presuli e porporati soprattutto tedeschi, austriaci e svizzeri decisi a mandare finalmente tutto all’aria. Le sciabole, sguainate da più di un anno, tintinneranno al Sinodo sulla famiglia, tra il 4 e il 25 ottobre. E che non si tratti di esagerazioni giornalistiche o partigiane lo ha appena detto in pubblico, a Ratisbona, nientemeno che il cardinal Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, denunciando puzza di scisma.
Che non ci sia spazio per dietrofront lo scrive chiaro nella prefazione a Christ’s New Homeland il cardinal Francis Arinze, nigeriano, da anni uomo-simbolo dell’“opzione africana”: per gli africani la famiglia «viene dalle mani creatrici di Dio e dunque l’essere umano non ha l’autorità per cercare di reinventarla». Altro che l’ingegneria sociale all’ordine del giorno oramai persino nel clero cattolico. «Ignorare l’ordine stabilito dal Creatore nel matrimonio e nella famiglia significa aprire la strada a problemi e sofferenze sia per la gente sia per la società intera». Altro che l’alchimia dottrinale del cardinale aperturista tedesco Walter Kasper.
Fra tutte, nel libro spicca la firma ben riconoscibile del card. Robert Sarah, ghanese, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti come già lo fu l’oggi emerito Arinze. Sarah è l’emblema della speranza nera della Chiesa. Né conservatore né tantomeno progressista, è semplicemente cattolico. Intervistato da Nicolas Diat in Dio o niente. Conversazione sulla fede (Cantagalli, Siena), dice: «Per quanto riguarda il mio continente di origine, vorrei denunciare con forza la volontà d’imporre falsi valori usando argomenti politici e finanziari. In certi paesi africani, sono stati creati ministeri per la teoria del genere in cambio di sostegno economico!». Il gender serpeggia ovunque, anche dove non dovrebbe, ed è per questo che il porporato sbotta così: «La Santa Sede deve fare la sua parte. Non possiamo accettare la propaganda e i gruppi di pressione delle lobby LGBT». Appunto. Ecco dunque pronto Christ’s New Homeland affinché pure i padri sinodali lo leggano. Al Sinodo se ne vedranno delle belle, oltre che delle brutte. Le prime saranno targate sicuramente Africa. Da decenni, snobbato dai soloni della para-accademia nostrana, lo ripete un’autorità non-cattolica qual è il sociologo Philip Jenkins della Baylor University di Waco, Texas. La cristianità del futuro sarà africana. Non il cristianesimo (che non ha né colori di pelle né nazionalità), ma la cristianità: cioè la fede e la dottrina incarnati in istituti, istituzioni, cultura e civiltà. Tutto ciò che l’Occidente ha svenduto per un piatto di lenticchie che un prete occidentale ha trangugiato.
Marco Respinti
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