Se Gad Lerner non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Depositato a imperitura memoria sulle pagine milanesi la Repubblica sta il suo più recente grido di dolore, aperto da questa studiata glacialità: «Prendiamone atto: ormai è chiaro che Milano ha rinunciato surrettiziamente ad avere una sua moschea nell’anno in cui ospita un’Esposizione universale che, rivolgendosi al pianeta, in teoria non dovrebbe ignorare l’esistenza di un miliardo e trecento milioni di musulmani. Oltretutto chiamati oggi a debellare la minaccia di un terrorismo spacciato fra di loro come fede autentica».
Prendiamone atto. L’islam de’ noantri si affanna per cercare di scomunicare l’islam che massacra islamici e non-islamici nelle terre che l’islam ha strappato ai non-islamici e tutto quello che ottiene sono solo bare allineate, stupri e violenze, pulizie etniche e la conferma di un detto bastardo ma tragicamente vero: l’unico islamico buono è quello morto perché, essendo lui buono, i suoi amici molto cattivi lo fanno fuori subito onde far capire l’antifona anche ai non-islamici, buoni e cattivi che siano. Surrettiziamente? Mica tanto. E dunque noi, stando all’ineffabile Gad, dovremmo piegarci a squadra, magari tassarci un tanto extra per costruire una moschea ad hoc e poi stringere la mano sorridenti a tutti quelli che chiedono di entrarci senza avere la minima idea di come distinguere un musulmano buono da un cattivo perché quella minima idea non ce l’ha né per definizione può averla nessun musulmano al mondo? Prendiamone atto. Se uno credesse ai complotti, direbbe che Lerner lo paga la Lega Nord per alzare i consensi.
Ora, il compagno Gad se la prende con il compagno Pisapia sputandogli in faccia «l’eccesso di cautela» e il cittadino Gad s’inalbera con il primo cittadino Pisapia vomitandogli in volto «la soggezione al pregiudizio». Poi tuona come fosse Zeus contro «la destra»: be’ dai, ci sta; è come il cacio sui maccheroni anche se c’entra come i cavoli a merenda. Quindi salmodia le sue litanie: «limite culturale», «classe dirigente», «laicità delle istituzioni», «modello democratico», «società pluralista», classici intramontabili da goodfellas che in un articolo stan sempre bene, dove li metti stanno, arredano più del bianco, in centro si portano bene e, come il nero lungo col tacco, la sera non sbagli mai. E infine rimarca con l’evidenziatore giallo i contenuti forti del suo sermone, spiegandoci finalmente qual è la segreta logica, nota ai pochi uomini soli che sono addentro alle riservate cose, di ciò che sta accadendo ora tra Siria e Iraq, là dove imperversa il califfato dei cattivi e finalmente qualche aereo occidentale buono sta cercando di colmare il clamoroso ritardo con cui noi del “mondo di qua” siamo stati fino a oggi a guardare l’agonia del “mondo di là”: «chiamare i musulmani in prima linea a difendere la loro religione da chi tenta di ricacciarla nell’oscurantismo».
Oscurantismo è un complimento, Gad lo sa bene, che non si nega mai a nessuno. È un corpo contundente usato come un sostentativo (e nei sui derivati come aggettivo), un taser che scarica la corrente e la coscienza come l’Iva. Gli oscurantisti, infatti, sono sempre gli altri. Gl’illuminati lo sanno bene. Gli oscurantisti sono i cristiani con la “k” che non hanno ancora dato via l’organo al primo illuminista che passa, gli ebrei che faticano quotidianamente a sopravvivere ai razzi di Hamas, e gentaglia come l’Isis e al-Qaeda; solo dopo avere mandato alla Geenna quei facinorosi, infatti, si può andare a letto con i cristiani adulti (rapporti tra consenzienti), con gli ebrei apostati, con i musulmani in cerca d’autore o con il dopo-lavoro di Lotta Continua. I cattivi, infatti, sono sempre gli altri, e gli altri sono gli oscurantisti.
Ma Gad sa bene anche lui che nell’islam (per amore di brevità mi fermo all’islam) è impossibile scegliere. Che non esiste alcuna autorità magisteriale universalmente riconosciuta e dottrinalmente vincolante per distinguere un islamico ortodosso da uno eretico; o per decidere quale interpretazione di una certa sura sia legittima e quale no; e che dunque l’islam taglia la testa al toro, e ai suoi nemici, stabilendo sbrigativamente che il Corano lo si manda a memoria, lo si ripete a macchinetta e così la pillola va giù. Gad e chi scrive sanno perfettamente che i musulmani non sono tutti uguali, e che solo un deficiente potrebbe sostenere che tutti gl’islamici della storia e del mondo sono perfettamente identici al Saladino, a Ibn Taymiyya, ad al-Hasan al Banna, al Gran Mufti di Gerusalemme amico di Adolf Hitler con ufficio a Berlino che si sperticava in “soluzioni finali”, a Yasser Arafat suo discepolo, a Bashar el-Assad, a Osama bin Laden o ad Abu bakr al-Baghdadi; ma entrambi sanno pure benissimo che non vi è modo per dire in cosa si distingua chi non è oggettivamente come costoro.
Nutrisse ancora qualche piccolo dubbio, Gad potrebbe offrirsi di andare a verificare di persona all’ingresso della non-moschea dell’Expo.
Marco Respinti
Pubblicato con il medesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord, Milano 2-10-2014
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