Rossella Orlandi chi? Ah, il nuovo direttore dell’Agenzia delle Entrate, quella che al convegno di Confcommercio, ieri, ha detto papale papale: «Siamo un Paese dove chi evade poi si aspetta l’assoluzione» e questo perché «la matrice cattolica di questo Paese […] spinge chi evade a credere che poi arriverà uno scudo o un condono». Ora, stante che poco oltre ella ha aggiunto: «Se il cittadino che evade è convinto che la sanzione non arriverà, difficilmente si abituerà a rispettare le leggi», per la logica del 2 + 2 = 4 la Orlandi ha fatto giornata accusando i cattolici di essere dei ladri incalliti proprio perché cattolici. Roba che in confronto Carlo Tavecchio e le sue banane calcistiche sono acqua fresca. Nemmeno ai tempi del più becero Know-Nothing l’anticattolicesimo era tanto trinariciuto.
L’unica giustificazione plausibile è che la Orlandi abbia in vita sua conosciuto solo dei democristiani – che da noi vengono sempre maldestramente scambiati per i cattolici – o frequentato esclusivamente quei vieni-avanti-pretino che amano correggere di continuo le tavole dei Dieci Comandamenti spodestando quei classici tipo la bestemmia, l’omicidio, il furto e il fottersi la moglie del vicino perché pensano che il Signore (forse quel dì un po’ distratto) avrebbe fatto molto meglio a dettare a Mosè il rispetto dei pinguini del Polo Sud, la raccolta differenziata del pattume, l’abolizione del reato d’immigrazione clandestina e un grazie di tutto cuore per le tasse che, come profetizzava l’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, «sono una cosa bellissima». Ovvero che la Orlandi non abbia mai sentito nemmeno lontanamente parlare di teologia, ermeneutica, economia o semplice buon senso. Che non sappia qual è la differenza tra rapina e giustizia. Che non abbia la minima idea di quali limiti la morale possa esigere dalla sopportazione umana. Che non le sia mia passato per la testa di approfondire un secondino quel diritto di resistenza in mancanza del quale non ci spiegheremmo perché i cristiani siano finiti in pasto alle belve nel tripudio di folle da stadio contente di farsi spennare e divertire “gratis” dallo Stato.
Certo, il cattolicesimo vanta quella dottrina della confessione che tutto il mondo c’invidia da due millenni, ma anche i progressisti sanno che la cosa non è affatto uno scherzo da preti: che senza pentimento sincero, contrizione e fermo proposito di non farlo più, da dietro la grata l’assoluzione non arriva; che il confessore, se ha notizia dal penitente di un peccato che configura pure un reato, è tenuto a consigliare fortemente il suo assistito spirituale di fare ammenda anche davanti alla legge positiva. Ma nessuno, nemmeno l’Agenzia delle Entrate, può costringere un uomo, tanto meno un prete, alla delazione, a fare la spia. In Irlanda e negli Stati Uniti ci stanno provando da un po’ a violare per legge il segreto del confessionale, ma è roba da Vandea.
Ora, la Orlandi insinua con nonchalance che per i cattolici è normale violare la legge, che tanto la loro “mafia” poi li monda da ogni sozzura in un concerto di pacche sulle spalle reciproche e collettive, che la lealtà dei cattolici è pelosa e che quindi è certamente dubbia anche la loro piena cittadinanza. Ci metterete un triangolino colorato sulle braccia per esporci alla gogna dei passanti con un cartello al collo tipo “Achtung, evasoren delle tassen”?
Perché chi glielo ha detto alla Orlandi che in Italia l’evasione fiscale è il trastullo ameno dei ricchi tutti rosario e acquasantiera? Chi glielo ha detto che sono di preferenza, anzi in maggioranza i cattolici a evadere le imposte? Chi glielo ha detto che chi in Italia si fa beffe del fisco, anche se miscredente e mangiapreti, campa contento perché tanto l’aria cattolica che tira sospingerà allegramente persino lui? Deve proprio avere frequentato scuole cattive e cattive compagnie, la Orlandi, per non vedere che in Italia a evadere le tasse, ammesso ci riescano, sono oggi i poveracci di ogni credo e di ogni religione che non sanno più come tirare avanti. O i piccoli e medi imprenditori che, dopo averci provato per un po’ ad aggirare un fisco senza volto ma molte zanne, saltano letteralmente dalla finestra perché non sanno più come pagare i contributi ai dipendenti mentre vantano crediti milionari da quella pubblica amministrazione che cattolica non è eppure da anni si autoassolve da sola senza sentire sulla coscienza il peso di quelle vite sprecate, di un Paese oramai allo sfascio, di una economia di rapina bella e buona.
Qualche buona ripetizione ricorderebbe alla Orlandi che l’idea secondo cui chi esercita il potere è al di sopra delle regole, che a lorsignori è concesso tutto, che la morale dipende dall’angolatura da cui si guardano le cose, che lo Stato può sempre e comunque, che i cittadini sono per definizione in libertà vigilata e che il fisco è lo spremiagrumi atto a mantenere in vita un apparato il cui unico scopo di vita è mantenersi sono concezioni che hanno oramai qualche secolo e che nascono proprio nel momento in cui il mondo ha smesso di pensare che non si può non dirsi cattolici. Da quando lo Stato ha sostituito Dio; da quando è lo Stato pensa, decide e stabilisce cosa è giusto o cosa sbagliato, dalle guerre più micidiali al colore dei sacchetti della spazzatura; da quando lo Stato ha scoperto che se dei propri vizi mandava il conto a casa a ognuno di noi, e dietro quel conto una divisa a far cassa, nessuno più aveva la coscienza morale e quindi la conseguente forza fisica pe reagire, ebbene da questo istante esatto lo Stato ci ha preso gusto e non ha più smesso.
Si è fatto prima socialista e poi nazionalista o viceversa (tanto è la stessa identica cosa), è riuscito a trasformare i cattolici in democristiani o in pretini, e tutto per far credere alla Orlandi che la poltrona dell’Agenzia delle Entrate dia il potere di scomunicare e di benedire. Ma non è così. Solo un cattolico può dirlo alla papessa Orlandi: chi ruba ruba; chi ruba pecca e viola la legge; e chi ruba e non si pente rischia di giocarsi il Paradiso e la libertà in Terra. Per questo sul socialcomunismo vige l’anatema; per questo le leggende di Robin Hood e di Lady Godiva contro lo Stato predatorio e tassatore sono profondamente cattoliche.
Marco Respinti
Pubblicato con il medesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord, Milano 30-07-2014
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