Chi di Facebook ferisce, di Facebook perisce. Vale per tutti i social network e il primo a saperlo è proprio Papa Francesco. Sul web c’è da tempo una profilo Facebook a nome del Pontefice, ma è apocrifo (ufficialmente il papa usa solo Twitter). Ebbene, quel profilo apocrifo è stato hackerato con scritte in arabo inneggianti alla grandezza di Allah e con bestemmie. Tutti però consociamo oramai così bene Francesco da sapere perfettamente che lui ci ha già riso sopra. I tecnici sono già intervenuti e il tempo si è rimesso al sereno. Incidenti ovvi di percorso. Se la Santa Sede indicesse una crociata per lavare l’affronto, sarebbe ingenua. E infatti non lo fa. Prende atto e tira diritto. Fine della questione. La notizia non c’è.
C’è però la notizia di quelli che stanno attorno, i guardoni alle finestre, i pruriginosi che sbirciano dalla serratura, i nullafacenti che sempre pontificano (proprio) sul nulla. Quelli insomma che stamattina han pensato di rompere il blocco dello scrittore ammaestrandoci che è tutto solo uno scherzo, che capita, che succede a tutti, che non conta nulla. Tempo perso, perché i primi a esserne convinti siamo la Santa Sede e noi. Quei voyeur però, cui sistematicamente difetta il gusto sapido della lettura tra le righe, non vengono nemmeno per un attimo sfiorati dall’idea di mettere su carta un ragionamentino facile facile che suona così. Ricordate il famoso caso delle vignette contro Maometto pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten nel 2005? Ricordate il putiferio, lo stracciar di vesti, le intemerate e il bailamme di quei commentatori e opinionisti grassi e ricchi che commendano a destra e manca oggi una fatwa di tolleranza, domani un ultimatum di irenismo, sempre articolesse stucchevoli di buonismo? Ricordate i laiconi dei giornaloni, i bravi ragazzi, i salotti bene, i primi della classe e i loro “tsk, tsk” degni del miglior Archimede Pitagorico della Disney per dire che quelle robe lì non si fanno, che uno è un cafone se ride del Profeta, che si tratta di violazione dei diritti umani, hate-speech e istigamento all’odio religioso?
Ecco, vorremmo sentirli ancora quei soloni lì. Vorremmo sentirli adesso dire che prendere per i fondelli Santa Romana Chiesa, che pubblicare bestemmie per conto terzi, che vilipendere la religione cattolica è una porcata uguale a quella di allora contro l’islam. Vorremmo vederli indispettirsi, adirarsi, battersi il petto almeno con la stessa intensità e pubblicità di allora.
E invece resteremo delusi in eterno. Nessuna contrizione, nessuna lacrimuccia. Non lo meritano la religione cattolica, la Santa Sede e il “Papa buono” (Francesco è l’unico “Papa buono” della storia a esserlo da vivo: per il mondo fiacco che ci circonda, infatti, il “Papa buono” è sempre quello morto, soprattutto perché non può più mandarli a quel paese). Quelli sono bersagli comodi per le freccette; li ci può canzonare come si vuole, stan lì apposta.
Ecco, a me non interessa nulla se c’è della gente che pensa che la Chiesa sia solo un’associazione a delinquere, che il cristianesimo sia la più grande truffa del rock’n’roll, che (come canta Piero Pelù) il «il Paradiso è un’astuta bugia!». Facciano pure. L’antistaminico io lo prendo solo per la vigliaccheria di quei laici che fanno sempre i potenti con i deboli e che sono costantemente deboli con i potenti.
Marco Respinti
Pubblicato con il medesimo titolo
in l’intraprendente. Giornale d’opinione dal Nord, Milano 07-07-2014
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