«Ricca di oro e argento, olezzante di frutti; Povera di saggezza cadde in rovina. […] Inerme, non temibile ai nemici.[…] Priva di nocchiero, di popoli, di amore. Preda delle insidie dell’ambizione e dell’inganno, afflitta e vinta dal dolore. Senza speranza di consolazione, esempio a tutti gli uomini, prostrata giace». L’Italia di oggi? No, il Testamento de España in un manoscritto anonimo, finito all’Indice, datato al primo Settecento e ripescato da Liberilibri di Macerata (pp. 112, € 15,00).
La curatrice, Alessandra Battistelli, concorda nell’attribuirlo a don Melchor Rafael de Macanaz (1670-1760), letterato e giurista di quella fucina di talenti che fu, sin dal ’500, l’Università di Salamanca. Partigiano borbonico nella Guerra di successione spagnola, braccato dall’Inquisizione per la satira caustica, esule in Francia, solo l’inganno lo trasse, dal 1748 al 1760, in carcere. Il “suo” libello sbeffeggia Stato e Chiesa. Sembra la quintessenza del vetriolo illuminista, ma sotto sotto par di capire che davvero chi disprezza compra. Alla berlina è solo il marcio dell’Assolutismo, e lo spagnolo ne esce comunque hidalgo e guascone, autoironico e malinconico, donchisciottesco e testone. E liberale, nel senso puro di “generoso”. I paragoni con l’Italia sono già finiti.
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
La Spagna del ‘700 allo sbando morale come l’Italia di oggi,
in Libero [Libero quotidiano], anno XLVIII, n. 176, Milano 25-07-2013, p. 33
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