Lettera a Il Foglio
del 25 luglio 2013
Al direttore – Ho una paura matta degli omofobi-fobi. Se in Italia passasse la legge contro l’omofobia, io potrò ancora insegnare ai miei figli che l’omosessualità è un peccato senza che arrivino i carabinieri? Potrò ancora dire in pubblico che ritengo quello eterosessuale l’unico matrimonio vero, possibile e permesso dalla natura senza beccarmi una querela? Potrò ancora dire che l’adozione di figli da parte delle coppie gay è sbagliata senza finire sotto processo? Se in Italia passasse la legge contro l’omofobia, chi impedirà agli omofobi-fobi di reprimere, conculcare, graffiare? Chi garantirebbe la mia libertà di dissentire, di criticare pacificamente, di andare civilmente contro corrente, di contestare democraticamente la maggioranza? Chi difenderebbe la mia libertà di pensiero, di parola, di stampa? Chi tutelerebbe i miei diritti di minoranza perseguitata?
Sul periodico statunitense The American Conservative, John Zmirak ipotizza un paradosso verosimilissimo. Cosa succederebbe, scrive, se un giorno due omosessuali entrassero in una parrocchia, che so della California, e pretendessero che il prete li o le sposasse con rito cattolico perché ora esiste una sentenza della Corte Suprema che sdogana le “nozze” gay? Piomberebbero polizia, FBI, ATF, guardia nazionale ed esercito a far rispettare la legge, oppure il diritto di un prete all’obiezione di coscienza almeno su suolo consacrato sarebbe garantito se non altro alla pari di quello della suddetta coppietta?
In Francia, Paese che non si fa mai mancare nulla compresa la legge antiomofoba Taubira, l’omofobia-fobia è già una realtà violenta, repressiva e poliziesca, documentata in tanto di libro, La répression pour tous? (Lethielleux, Parigi) di François Billot de Lochner, imprenditore e attivista politico.
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