Margaret Thatcher? Quella vera risplende in un libro a lungo atteso, This Lady is not for turning. I grandi discorsi di Margeret Thatcher, curato da Stefano Magni (giornalista e attento studioso delle Destre dell’ecumene anglofono), che l’IBL Libri di Torino pubblica esclusivamente in formato e-book (www.brunoleoni.it, €3,99). Sì, perché Magni, affidandosi alla strada sicura dell’interpretatio authentica, dell’ex premier Conservatore britannico offre una rosa di discorsi assolutamente rappresentativi, facendo parlare finalmente lei al posto degl’interpreti non autorizzati, degli amici presunti e dei nemici livorosi. Per la Sinistra, infatti, la Thatcher ha sempre vestito i panni dell’orco mangiabambini (salvo poi scimmiottarla in segreto di fronte ai disastri delle ricette politico-economiche liberal), mentre sull’altro versante la si è ritratta come quella campionessa del darwinismo sociale che mai è stata.
Figlia di un droghiere, nel 1992 è stata creata baronessa di Kesteven. Educata alla sobrietà da famiglia integerrima, ha temprato il carattere fra le “lacrime e sangue” di churchilliana memoria. Allevata fra “casa, bottega e Chiesa” (metodista, per la precisione), ha nutrito di senso morale e religioso l’altrimenti vacua espressione “rigore”.
Alla guida del Partito Conservatore, ha saputo ridare la dignità perduta tanto a quella formazione politica quanto alla cultura cui esso, talvolta impunemente, si richiama. Alla guida del Regno Unito, ha saputo curare un Paese ammorbato da anni di veleni progressisti inoculando dosi massicce di autostima, orgoglio, libertà economica, senso della proprietà, antistatalismo e riduzioni fiscali.
È stata definita “nazionalista” e in realtà il suo era un patriottismo nemico dei totalitarismi, quelli hard dell’allora Unione Sovietica e quelli dai modi più soft dell’eurocrazia di Bruxelles. È stata definita “euroscettica” e divisiva, e in verità era una grand’europea che mirava ad assicurare al Vecchio Continente quegli spazi di libertà commerciale che sono l’antidoto più efficace alle guerre.
Magni sintetizza il segreto del suo successo con parole adeguate: «ha sempre seguito, con coerenza e costanza, fermi princìpi» e «non si è mai adeguata al mutevole consenso dell’opinione pubblica». Stoffa da leader, più che mestiere di politico. Del resto, la salvezza della Thatcher fu l’avere studiato Chimica, ovvero il tenersi sempre a grande distanza da quei dipartimenti universitari di Economia e di Scienze sociali che, antro del socialismo, riducono l’uomo a una dimensione sola, quella orizzontale, praticamente la posizione da morto. Così «non subì alcuna influenza del pensiero progressista» e salvò la Gran Bretagna dalla bancarotta attraverso il buon senso, l’ostinazione tipica di chi è sempre avanti un passo rispetto agli altri e la serena convinzione di essere nel giusto. Le chiesero quale fosse la sua missione primaria, rispose che era quella d’impedire che la Gran Bretagna diventasse rossa. E non solo l’ha fatto, ma è pure riuscita a scolorire gli avversari, oramai alle prese solo con sfumature di rosa.
Ogni pagina del libro di Magni è meritevole, ma le chicche stanno nei dettagli, là dove si annida il diavolo e quindi si leva pure la spada dell’arcangelo Michele. Una per gradire. La Thatcher definiva il Premio Nobel per l’Economia Friedrich A. von Hayek “filosofo”, non “economista”. Magistrale. La libertà è un’antropologia, una morale, una teologia; l’economia ne è l’arma di legittima difesa.
Versione orginale dell’articolo pubblicato con il titolo
Nei discorsi di Maggie l’economia è un’arma
in Libero [Libero quotidiano], anno XLVIII, n. 97,
Milano 24-04-2013, p. 26
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Grande donna. Ce ne vorrebbe una così anche da noi…